The Leftovers 3x04 "G'Day Melbourne": la recensione

Giro di boa per l'ultima stagione di The Leftovers: un ottimo episodio incentrato su Kevin e Nora

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Spoiler Alert
Arrivati a metà della terza e ultima stagione di The Leftovers, la scrittura ricombina sensazioni, storyline ed eventi, e ci riporta all'inizio, a quel prologo straniante che aveva aperto The Book of Kevin. Sotto una diversa luce, non i riflettori su ciò che avverrà o non avverrà nel giorno predestinato, ma l'attesa spasmodica che prima unisce e dopo divide. Il senso della vita che diventa un atto di fede proiettato in un domani che annulla e sacrifica il presente e il bene che è possibile trarre dalla semplice gioia di amare e di essere amati. In conclusione, non esiste risposta. Lo scopriamo bene nel momento in cui a Nora viene posta la stessa domanda che era stata fatta all'uomo che abbiamo visto lo scorso episodio. Due risposte diverse, medesimo esito.

Forse sarà importante capire, o forse no. Dall'acqua al fuoco, due immagini che si sovrappongono nelle ultime scene della puntata, e praticamente dall'altra parte del mondo, per raccontare un momento di confronto e separazione. Data la sua particolare natura all'interno di uno show già di suo abbastanza peculiare, The Leftovers rafforza la natura di un racconto che si fa fatica e definire solo come episodico. Ogni capitolo di The Leftovers è una sentenza, una parabola di vita e morte incorniciata da una opening ad hoc, quantomeno sul piano musicale. Questa settimana, con un certo didascalismo, si opta per This Love is Over.

Eppure, anche in questo caso, in un gioco di contrari e contrapposizioni – le stesse che portano a sottolineare ben tre momenti dell'episodio con la bizzarra scelta di Take on Me – questa sentenza che sancisce la rottura tra Kevin e Nora non è del tutto corretta. Il loro amore non è corrotto, le parole di odio che si lanciano addosso nel finale sono pesantissime, ma possono scaturire solo tra persone che condividono, nonostante tutto, un legame profondo. Forse la possibilità, per quanto attraverso un sentiero tortuoso, di iniziare a definire i rapporti umani in modo diverso. In un mondo in cui le persone negli ultimi sette anni sono state definite in base alle loro mancanze e perdite, l'unico modo di ripartire è costruire un legame con chi è rimasto. Anche parlando a viso aperto.

La battaglia di parole nel finale tra i due grandi interpreti è il veicolo per una storia che emerge sempre oltre l'orizzonte dei suoi misteri – e quello lo sappiamo da un pezzo – ma anche delle sue tematiche. Funziona perché non ha paura di sporcarsi le mani e di giocare sulla pochezza, sulla fragilità, sull'egoismo di chi si disprezza, di chi si può piangere addosso, di chi si crogiola nell'autocommiserazione. The Leftovers non è la serie edificante che insegna a volersi bene o a tirare avanti nonostante tutto con un sorriso, in una forma di negazione del dolore che non servirebbe a nulla. Se la destinazione sarà quella, ci arriveremo urlando, sanguinando, morendo perfino.

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