The Leftovers 3×03 “Crazy Whitefella Thinking”: la recensione

Terzo episodio della stagione per The Leftovers, in cui ci spostiamo lontano dai protagonisti e dagli eventi principali

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Spoiler Alert
All'ascolto e una danza tende il cammino dell'uomo in questo episodio di The Leftovers intitolato Crazy Whitefella Thinking. E siamo con lui, in Australia, lontanissimi dallo svolgimento di tutte la altre vicende della serie HBO, a camminare nel deserto e a osservare di nascosto gli aborigeni, a leggere un manoscritto e ad indugiare su registrazioni di un passato lontano. Quell'uomo è Kevin, il padre e non il figlio, interpretato da Scott Glenn, che arrivato al terzo episodio della terza stagione si prende la scena e il peso che questa comporta in un momento di scrittura delicato come questo. Ne risulta un episodio più lento e, inevitabilmente, distante dai due precedenti.

Quindi, tutto muove a partire dalla scelta della settimana per quanto riguarda la canzone che accompagna la opening. Una particolare variazione su Personal Jesus dei Depeche Mode. Ciò che rimane è l'invito all'ascolto, il confronto come assoluzione per se stessi e per il mondo. Kevin corteggia questa sensazione di sollievo dovuta all'ascolto per tutto l'episodio. Lo fa riascoltando la voce di tanti anni prima del figlio e, dopo un lungo giro che lo porterà a correre dei rischi, si ritrova  nel ruolo di ascoltatore in una situazione che non aveva immaginato, a sentire le tristi parole di una donna di nome Grace che lo ha raccolto. E magari proprio in quella condizione si ribalta la prospettiva che lui aveva avuto nel confronto con Christopher Sunday.

In quel momento, tanto simile a tanti momenti di confronto aperto e confessione che abbiamo visto in The Leftovers, Kevin forse ricade in se stesso. Dopo aver accarezzato quel tentativo di autoperfezionamento e purificazione del mondo tramite una danza da eseguire, si ritrova così, come il più semplice degli ascoltatori. Praticamente alla fine, e all'inizio, del mondo, una storia tragica di bambini dimenticati a morire, di genitori che vivono nell'eco della voce dei figli lontani, e anche un riferimento ad Abramo e Isacco (che aveva 36 anni!).

Tutto come sempre vive in quella bolla di possibilità tra profonda convinzione e senso del ridicolo.C'è qualcuno che vuole ascoltare l'opera di Verdi a Sydney, e da qualche altra parte quella particolare musica risuonerà, forse in un sogno, forse nel limbo. E c'è una copia del National Geographic che forse potrebbe essere importante, o forse no. E magari tutto questo semplicemente non importa e questo è quanto, perché di simboli e di oggetti hanno bisogno gli uomini, questi uomini, per trovare un senso all'inspiegabile.

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