The Lazarus Effect, la recensione

The Lazarus Effect è un horror a basso budget con cast di classe (Mark Duplass + Olivia Wilde) e tema forte: due scienziati provano a sconfiggere la morte

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Scienziati pazzi e scienziati in amore.

Incontriamo Frank (Mark Duplass, membro di spicco del movimento mumblecore e regista della chicca Cyrus) e Zoe (Olivia Wilde, la versione più pericolosa di Keira Knightley vista recentemente in Third Person) dopo che lui ha posticipato il matrimonio a data da definire, lei ha messo da pare i sogni di avere una relazione normale e i giovani studenti della Berkeley University Clay (la versione più strafatta di Jesse Eisenberg Evan Peters), Nico (Donald Glover, il quale NON è parente di Danny Glover) e Eva (Sarah Bolger) zompettano volenterosi attorno alla coppia di geni anagraficamente più grandi.

Clay è un ex fumatore incallito ora passato alle sigarette elettroniche (occhio a una delle trovate più divertenti del film riguardo l'uso omicida di queste pipette vaporizzatrici), Nico un sensibile esperto di computer innamorato non troppo segretamente di Zoe e Eva una cameraman che filma tutto ciò che fa il gruppo (questo permette al film di sconfinare spesso e volentieri nel found footage).

Ma cosa stanno combinando questi signori? In un laboratorio piuttosto anonimo dove vivremo il 100% del film, Frank e Zoe stanno cercando di combattere la morte. E se un cadavere potesse tornare in vita grazie a un siero sparato direttamente nel cervello? Si parte con un cane (saranno i minuti migliori del film) e poi si passerà ovviamente a qualcosa di più complesso... tipo un essere umano. Le conseguenze morali e fisiche potrebbero essere devastanti.

Se vi piacciono gli horror medici con scienziati pazzi in amore (l'ultimo degno nota fu Splice di Vincenzo Natali con Sarah Polley e Adrien Brody) alle prese con esperimenti che mettono in discussione tabù di una certa delicatezza come la morte e il supposto aldilà (vi ricordate Linea mortale con Julia Roberts e Kiefer Sutherland? Il film prende molto da quella pellicola, più frivola e costosa, del 1990), The Lazarus Effect potrebbe anche piacere al Victor Frankenstein che è in voi almeno fino al punto in cui c'è un grande cane attore (lo hanno sedato o è solo addestrato da un genio della recitazione canina?), minaccioso e misterioso al punto giusto. Qualcuno nel film, giustamente, cita Cujo di Stephen King. Poi diventa tutto più stupido (che peccato), marginale (perché coinvolgere così tanto lo scialbo personaggio della camerawoman Eva?) e di scarsa credibilità (in quel laboratorio può succedere letteralmente di tutto senza che nessuno intervenga dall'esterno?).

Il rammarico peggiore è non aver trasformato completamente la felina Olivia Wilde (articolata e credibile in una bella discussione filosofica con il compagno scientista a inizio film) in una horror queen come doveva e poteva essere.

Questa bellissima e interessante attrice classe '84 aveva tutte le carte in regola per imporsi in un doppio ruolo angelico/demoniaco alla Barbara Steele de La maschera del demonio (1960) di Mario Bava. Perché non la vediamo raggiungere quei vertici espressivi cui il film ci aveva anche intelligentemente preparato in attesa dello showdown finale?
Il rimpianto c'è tutto. Poteva essere anche più malizioso e profondo di quello che è pur non puntando sullo shock visivo (è un pg-13). Non manca una certa classe e qualità nel cast e produzione (poco più di 3 milioni di dollari di budget) affidati a un bravo regista come David Gelb proveniente dal documentario. Per ora c'è anche un discreto rientro economico anche se sarà difficile che si possa concretizzare l'idea di una saga come suggerito dai minuti finali.

Magari in un'altra vita.

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