The Knick (seconda stagione): la recensione

Seconda stagione per The Knick, il period drama curato da Steven Soderbergh, con Clive Owen

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Addiction is a failure of personal morality

L'idea di mutamento connesso ad un particolare snodo storico sembra essere una componente irrinunciabile di qualunque period-drama, genere che peraltro negli ultimi tempi sta vivendo un rinnovato interesse. In questo senso The Knick si conferma come uno dei prodotti più eleganti e riusciti del genere, in una seconda stagione che su Cinemax ha ampiamente confermato le già ottime impressioni fornite lo scorso anno. Da regista di questo particolare medical drama Steven Soderbergh raggiunge vette di qualità raramente (vogliamo dire mai?) toccate dalla sua pur lunga carriera di cineasta. Grande regia, grandi valori produttivi, grandi interpretazioni, per una serie il cui futuro – non aiutato dagli ascolti – vacilla.

E siamo ancora una volta al Knickerbocker Hospital di New York nei primi anni del Novecento. Il crollo fisico ed emotivo del dottor John Tackery (un sempre grandioso Clive Owen) rientra parzialmente nel momento in cui, come avevamo visto nella première di quest'anno, viene riavvicinato da Everett Gallinger e riportato a casa. Non sarà mai più veramente l'uomo che era un tempo, o forse al contrario lo sarà fin troppo. Eccessivo, sfrenato, privo di buon senso. La disintossicazione da cocaina e eroina ha lasciato alle sue spalle un guscio vuoto, che andrà a riempirsi di ossessioni e nuovi vizi. E il senso di colpa, sempre lì, sempre immutabile, per le vite – in particolare una – che non è riuscito a salvare, e per quelle che non salverà.

Da qui alla considerazione che qualcuno farà nell'episodio You're No Rose, la citazione che riportiamo all'inizio del pezzo. L'idea che la spinta verso gli eccessi sia prima di tutto una condizione esistenziale che nasce nelle proprie mancanze morali. Ma il dr. Tackery non è affatto il peggior personaggio di uno show in cui è molto difficile rintracciare delle figure positive. Forse Bertie e pochi altri. Gli altri, in modi più o meno sorprendenti, con una escalation di rivelazioni nel finale di stagione, mostreranno il loro volto più oscuro. Alcuni come Herman Barrow, manager del Knick, o l'ambizioso Henry Robertson, non ci sorprendono più di tanto, mentre è un dispiacere constatare i risvolti negativi di personaggi come Gallinger o Cleary. Quest'ultimo a riprendere la storyline di sorella Herriet, scacciata dalla Chiesa per aver praticato aborti.

Mutamenti storici dicevamo al principio. In questa seconda stagione gli abitanti di quella grande casa di sofferenza che è il Knick guardano in più di una occasione al futuro. Sono il tramite inconsapevole di un passaggio storico, a volte troppo sottolineato e rimarcato dalla scrittura, ma comunque sempre efficace nella ricostruzione della finestra storica. Tra quelle mura si intrecceranno eugenetica, barlumi di psicanalisi, ricerca medica e sperimentazioni. Ognuno di questi "topic" viene riassorbito nella scrittura e calato nel normale percorso dei personaggi. Su tutti, tra quelli non ancora citati, naturalmente Algernon, che mai riuscirà veramente a superare le problematiche legate alla sua etnia.

The Knick d'altra parte non è una vicenda a tesi. La cornice ospedaliera all'interno di quella storica più ampia è il mezzo, ma non è mai il fine ultimo. Quello coincide con le passioni e le motivazioni, generalmente negative, dei protagonisti, rilette alla luce del fascino che sempre ha una narrazione storica, specialmente una così curata e attenta come questa. Anche un'operazione chirurgica mostrata quasi in tutta la sua brutalità e disgusto, come quelle sempre di forte impatto ambientate nella sala delle dimostrazioni, può andare a segno e mantenere una sua eleganza stilistica, nel momento in cui capiamo che nulla viene mostrato solo per shockare.

Allo stato attuale, Cinemax ha richiesto le sceneggiature per una terza stagione, che non dovrebbe più essere diretta da Steven Soderbergh. E, per chi ha visto l'intera stagione, sappiamo che questa non sarebbe l'unica perdita dello show.

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