The King's Man - Le origini, la recensione

Fantastoria pura e parodia ma tutto molto molto seriamente, il tono che The King's Man cerca e trova è complicatissimo e improntato al solo divertimento

Critico e giornalista cinematografico


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The King's Man - Le origini, la recensione

Ci vuole un po’ ma ad un certo punto il vero tratto distintivo della serie Kingsman compare: sono le originali ed elaborate coreografie di “arti marziali” (virgolette obbligatorie). È quello il momento in cui finalmente possiamo riconoscere cosa colleghi The King’s Man - Le origini al resto della saga. Certo ci sono i gentlemen che menano e c’è il negozio di alta sartoria, ma in questo film ancora non è il quartier generale dell’organizzazione la cui origine è il cuore della trama, tuttavia tono, obiettivo e storia non sono proprio gli stessi con cui era partita la serie.

Stavolta è tutta una grande storia epica che pone le basi per un nuovo filone. La storia della famiglia Oxford e di come fondò i Kingsmen per combattere un’altra organizzazione che aveva come obiettivo fomentare la prima guerra mondiale e sconvolgere l’ordine mondiale. In questo film seguiamo tutto il primo conflitto mondiale, dall’inizio alla fine, quando i personaggi sono stati formati, gli aiutanti sono confermati nel loro ruolo e si è formata la squadra pronta per altre avventure (e non difficile immaginare cosa potrebbe arrivare dopo la prima guerra mondiale, del resto anche il ruolo minuscolo di un attore come Stanley Tucci lascia immaginare la firma su contratti per più film). Tutto per combattere un’associazione criminale con un perfido capo che comanda il mondo da un luogo remoto in mezzo alle pecore, trovata da fumetto (come la saga impone) che stranamente però ricorda da vicino la vera vita di diversi capi mafia, nascosti in condizioni miserabili per poter essere i più potenti di tutti.

Se già Kingsman: Secret Service prendeva la materia di Mark Millar e la trasformava in un film che flirtava con la parodia dello spy movie, questo prequel che sostituisce Jane Goldman con Karl Gajdusek alla sceneggiatura (ma rimane Matthew Vaughn alla regia) ha proprio la trama di una parodia. Esattamente quella. Trasforma personaggi storici noti e realmente esistiti in macchiette e gli dà caratteri contemporanei. Solo che lo fa seriamente. L’obiettivo non è ridere ma divertirsi con Rasputin che sferra calci volanti. È un tono difficilissimo da tenere, rimanere seri mentre si mette in scena qualcosa di totalmente escapista e paradossale, ma nonostante diverse cadute di ritmo non si può negare che King’s Man riesca nell’impresa di creare un ibrido fantastorico che sembra partorito durante una serata alcolica.

Film mondialista, pensato con azione occidentale e sentimentalismo spinto alla orientale, nonostante abbia come obiettivo quello di conquistare il mondo palesemente è molto meno un film per tutti di quanto non lo fossero i primi. Perché ha una personalità più netta e più decisa, è il buon vecchio film di spionaggio bellico britannico sotto steroidi e completamente fumato, in cui le risate per l’assurdità delle idee si fondono con il divertimento per un’azione precisissima fino a che non è più possibile distinguere se ci si sta divertendo consapevoli dell’assurdità o seriamente. Un film che si presenta come godereccio e intenzionalmente scriteriato e per farlo imbastisce uno spettacolo tecnico invidiabile. Peccato che come al solito si possa godere di tutto ma la dimensione sessuale sia cancellata e inesistente. Personaggi senza libido in un film che ammicca ma che poi non ha nessuna carnalità e in cui, fatta eccezione per un fugacissimo momento che non cambia molto, gli unici sentimenti ammessi solo quelli familiari.

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