The Killer, la recensione | Festival di Venezia
Sembra tutto andare come al solito nella vendetta di The Killer, ogni tanto però, qualche stranezza ci fa pensare che forse c'è un altro senso
La recensione di The Killer, il film di David Fincher con Michael Fassbender, presentato in concorso al Festival di Venezia
Questo cliché del killer preciso è in teoria quello che attira in The Killer, il suo protagonista interpretato da Michael Fassbender con l’enigmatico vuoto di un androide, appositamente per eludere qualsiasi nostra partecipazione. Seguiamo i suoi problemi nel fare fuori le vittime, la paure di essere scoperto, i piani, le botte e la sofisticata rete di magazzini segreti, travestimenti e armi. Intanto, dietro di lui, va in scena il mondo del 2023, la vita per come la conosciamo oggi tra palestre, food delivery, uffici moderni, aerei, consegne negli amazon locker, ristoranti stellati, chiavi d’hotel replicabili e via dicendo. Il killer del titolo attraversa il mondo capendone tutta la logistica ma senza capirne le persone. La grande idea del film è che questa maschera impenetrabile dovrebbe fare da protagonista e invece è solo una maniera di guardare tutto il mondo che attraversa senza poterne fare parte, come un flaneur moderno che non partecipa a niente pur conoscendo e padroneggiando tutto. Se Fight Club (in modi e per versi diversi) incapsulava la fine degli anni ‘90 tra uffici a cubicolo, IKEA e benessere diffuso, questo film vuole fare lo stesso con l’inizio dei ‘20.
Ma il vero grande scarto, come un glitch o un salto di un fotogramma che stranisce, crea un effetto straniante e attira l’attenzione sul fatto che qualcosa non va, sono le sue vittime. Sono tutte più interessanti di lui, sono scritte come personaggi con cui entrare subito in contatto e, in un film più banale di questo, sarebbero risparmiate per diventare spalle. Qui invece sono fatti fuori sempre all’improvviso (anche per noi), frustrando il nostro desiderio di conoscerle e lasciandoci con questo manichino che sa solo pensare al suo codice. Sono anche personaggi che spesso, per salvarsi, vogliono entrare in contatto con lui che non sembra pronto a capirlo. Questo killer del postpandemico (il film è stato girato nel periodo subito successivo alla pandemia) non ha contatti reali con nessuno e anche quando si relaziona alla moglie in scenari più tranquilli sembra terribilmente distante e svuotato. La realtà per la quale lotta non ci pare così desiderabile. E forse, questo lo dice lui, è come noi.
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