The Gunman, la recensione

Tarato su standard abbastanza canonici ma desideroso di essere "più di un film d'azione" Gunman non riesce ad essere davvero nemmeno quello

Critico e giornalista cinematografico


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Storia poliziesca francese che non somiglia per nulla al poliziesco francese, The Gunman è la fiera del fuoriposto.

Film d'azione con poca azione, thriller con poca suspense e cinema di sparatorie con pochissime sparatorie, l'impressione è che questo progetto pensato intorno a Sean Penn, duro oltre i 50 anni sulla scia di Liam Neeson non a caso con Pierre Morel alla regia (era già al timone di Taken), si vergogni di essere quel che è e cerchi in ogni maniera di giustificarsi.
Quel che dovrebbe essere è un film su un ex dei corpi speciali che lavorando nel settore privato in Congo ha fatto cose di cui non va fiero e 8 anni dopo una brutta storia che coinvolge il ritorno della sua donna dell'epoca e il tradimento di alcuni dei suoi compagni lo rimette sui binari peggiori in cerca di vendetta e sopravvivenza. Quel che invece alla fine ci troviamo davanti è un film con molto sfondo sociale, un'eccessiva rappresentazione dei problemi delle guerre africane, spiegazioni oltre il giustificabile e un rapporto tra azione e riflessione completamente sbilanciato per il cinema action.

Anche pellicole più sofisticate come John Wick o addirittura Drive, che di certo non sono solo film di genere, hanno un rapporto più onesto con il proprio genere e non sbilanciano il rapporto tra azione e stasi (semmai fondono le due in maniere nuove e diverse). Insomma l'impressione con The Gunman è che per voler essere "più" di un film d'azione si sia finiti ad essere molto meno.
C'è una storia d'amore mai veramente concreta con Jasmine Trinca e l'espediente di avere un protagonista malato, entrambi sfruttati solo quando serve e non spalmati in tutta la storia. Il protagonista è il classico eroe super efficiente, come qualsiasi ex dei corpi speciali, ma tarato da un male che lo affligge e del quale però il film si ricorda solo nelle scene clou, dando l'idea più del trucco che della caratteristica portante. Della storia d'amore poi si sorvolerà per come è impostata su basi da film con John Cena, in cui la donna amata, leggera e vestita di bianco, preda da conquistare o tesoro da salvare, è il paradiso per un uomo duro che sogna le mattine assolate passate a ridere tra le lenzuola.

Girato in diversi paesi con il più classico dei finali in un "luogo caratteristico", ovvero lo stadio da Corrida tra tori e svelamenti conclusivi, The Gunman non è solo banale nella sua narrazione (che visto il genere sarebbe davvero il meno), ma macchinoso ed esagerato nelle sue svolte. Su tutti basterebbe citare il personaggio sopra le righe di Javier Bardem e la maniera in cui si gioca la propria scena madre, per spiegare come The Gunman nella foga di mettere in scena i propri grandi attori e rappresentare le grandi emozioni in ballo ottiene esattamente il contrario: spreca degli ottimi attori e non riesce a raccontare nessuna disperazione.

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