The Great Wall, la recensione
In una storia scritta senza personalità si muovono personaggi che sembrano generati da un computer. Ma forse è proprio quello il punto di The Great Wall
The Great Wall è un film disumano.
Forse allora è proprio in questo filmetto di grandi prospettive e budget ma pochissimo conto, così elementare e ridotto ai minimi termini per cercare di accontentare tutti (i produttori), che esce fuori più di tutti la visione di Zhang Yimou dell’eroe-massa, concetto vetusto da cinema sovietico che nessuno come questo regista cinese ha riportato in vita da quando ha accesso a budget favolosi per filmoni giganti e compiacenti. Hero è stata la prova generale, La Foresta Dei Pugnali Volanti l’esperimento più compiuto e La Città Proibita un incredibile tentativo di cambiare il sistema da dentro e spingerlo verso l’astrazione letteraria. Ora The Great Wall sembra far scontrare colori più che uomini, forme astratte, corazze da Power Rangers in un copione insulso. Senza stimoli autoriali o missioni culturali, cadono anche tutti gli orpelli che impedivano di vedere come anche in passato Yimou guardasse gli aggregati di uomini di poco conto: disumanizzando gli esseri umani veri e tentando di umanizzare quelli digitali fino a che non si somiglino.
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Il lavoro per la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Pechino ha mostrato come questo regista possa dirigere masse di uomini per farle sembrare comparse digitali, capaci di muoversi con precisione esatta e movimenti che li fanno sembrare agiti da un modello matematico. Qui accade lo stesso, i mostri e gli uomini si spostano come ballerini di un musical di massa, come frattali, e per questo anche loro non ricordano gli umani reali ma più i disegni geometrici.
Disumani i movimenti di massa computerizzati, disumane le configurazioni di mostri, disumani i protagonisti le cui scelte e i cui dialoghi non rispondono alle logiche riconoscibili dell’umanità e in fondo disumana anche la regia che predilige gli scontri cromatici, The Great Wall è un passo verso un inutile astrattismo cinematografico.