The Gifted (seconda stagione): la recensione

Le nostre impressioni sulla seconda stagione di The Gifted, la serie ambientata nel mondo degli X-Men

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Ora come ora, la più grave minaccia per i mutanti – almeno per quelli di The Gifted – sembra essere l'accordo tra la Disney e la Fox. Non sappiamo cosa ne sarà degli X-Men sia al cinema che in tv oltre i progetti già annunciati, ma è probabile che vedremo delle storie più integrate con il grande progetto dei supereroi. E The Gifted, con la sua formula vecchio stile e una normalità che oggi appare quasi come un'anomalia, potrebbe soffrire in questo passaggio. Non sappiamo quindi se oMens, ultimo episodio della seconda stagione della serie, sarà un season finale o un series finale. Va allora riconosciuto a Matt Nix il merito di aver chiuso per quanto possibile le grandi parentesi stagionali, pur non rinunciando ad un cliffhanger a ridosso del finale.

La prima stagione di The Gifted ruotava, drammaticamente e non solo, intorno al conflitto rappresentato dalla famiglia Strucker. Due figli che si scopriva fossero dei mutanti, un padre che negli ultimi anni aveva dato la caccia alle persone dotate di facoltà straordinarie, solo per scoprire che il gene mutante era molto forte nella sua famiglia e in lui stesso. Dopo la grave rottura del finale, confermata nella première, il nucleo familiare degli Strucker nella seconda stagione rimane il cuore drammatico di una serie che tuttavia ha il merito di espandere il proprio mondo. Andy e Lauren Strucker su fronti diversi, così come Polaris e Eclipse, e poi ancora una minaccia comune contro la quale le fazioni reagiscono in modo diverso.

Difficile riassumere gli eventi della stagione, che vedono il continuo spostamento di personaggi su una scacchiera nella quale emergono nuove fazioni, più o meno contrapposte. Underground, Morlock, Sentinelle, Purificatori, e ovviamente l'Inner Circle dei villain. I protagonisti, e la scrittura con loro, sono travolti da equilibri precari, che li vedono avventurarsi per quanto possibile in questo o quell'altro gruppo, fintantoché la possibilità di tornare indietro lo consente. I conflitti e i drammi si allargano e restringono con un ritmo quasi percepibile, in episodi che si aprono inevitabilmente con un flashback superfluo e chiudono con un montaggio musicale sui volti contriti dei protagonisti.

Ci sono momenti apprezzabili che riguardano la scrittura dei villain, molto più interessanti dei vari Eclipse, Thunderbird o Blink. Quest'anno, pur se come parentesi secondaria, ha funzionato l'introduzione del personaggio di Rebecca, una mutante pericolosissima e molto importante per capire i ripensamenti di Andy. Lauren è un personaggio con il quale è più facile empatizzare nel finale, quando la scrittura decide di mostrarcela alle prese con un vero conflitto, lei che era stato da sempre il personaggio più maturo nella propria famiglia.

Da un lato è rassicurante nel suo essere monocorde la scrittura di The Gifted, con i suoi confronti ridondanti e sussurrati, dall'altro è difficile anche quest'anno inquadrare il tipo di progetto. Una storia che accarezza il teen drama, eppure oppone una pesantezza di fondo a qualunque scambio e decisione; una vicenda che ha qualcosa del family drama e passa molto tempo a raccontarci i turbamenti dei genitori, ma al tempo stesso si lascia andare a momenti di violenza non indifferenti, che devono dimostrarci quanto la posta in gioco è alta. Lo sviluppo dei personaggi asseconda le esigenze di sceneggiatura, tra colpi di coda e ripensamenti nelle alleanze, e dà l'impressione di servire l'equilibrio più che la coerenza.

E sedici episodi sono tanti, troppi per questa serie che non ha la capacità di gestirli di Agents of S.H.I.E.L.D., che pure ne ha molti di più.

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