The Following: la recensione del season finale

Anche nel finale The Following conferma tutti i propri difetti rivelandosi una delle più grandi delusioni della stagione...

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi

Prendendo come punto di riferimento il rapporto tra aspettative e qualità effettiva, The Following potrebbe essere considerato come una delle più clamorose delusioni degli ultimi anni. Partito come uno dei grandi eventi della stagione televisiva, il prodotto della Fox ha quasi da subito tradito le proprie premesse, esordendo con un pilot da un lato convincente ma al tempo stesso pieno di cliché e proseguendo muovendosi a tentoni nel buio di una stagione divisa tra piattezza narrativa, interpretazioni non all'altezza e scrittura insufficiente. Il finale di stagione si allinea alle precendenti quattordici puntate riprendendo i difetti principali della serie esasperandoli e accentuando il tono drammatico nel tentativo, non riuscito, di chiudere un ciclo e aprirne un altro per la seconda stagione.

Proprio la questione del proseguimento della storia è forse la prima domanda che sorge dopo aver assistito a questo episodio finale. Con un colpo di scrittura in effetti non prevedibile, si è deciso infatti di giocare la costruzione dell'emotività nel finale non su rivelazioni inattese o spiegazioni a lungo rimandate, ma sulla sistematica uccisione di una serie di protagonisti. Purtroppo, dietro l'immediata sorpresa per la fine di un personaggio che si immaginava avrebbe avuto un arco narrativo più esteso, non si nasconde nulla di più. Il fallimento nella costruzione di un percorso narrativo che avrebbe dovuto avvicinarci se non all'identificazione, ma quantomeno all'empatia con una serie di personaggi più o meno disturbati si evidenzia completamente nell'indifferenza con cui vediamo scomparire i protagonisti.

A morire non è mai il personaggio in sé, ma lo stereotipo malriuscito che rappresentava, la sua genialità mai emersa, la sua caratterizzazione appena accennata e mai approfondita, le sue motivazioni misteriose. Sì, che dopo la rapida elaborazione del lutto tocca anche riprendere le fila della stagione e rileggere questo finale alla luce della conclusione di ciò che abbiamo visto negli ultimi mesi. E allora non si può fare altro che bocciare una serie che, in poche parole, si è data delle regole ben precise e che da subito non è stata in grado di rispettare. Aldilà di una base di partenza come quella di una setta di psicopatici assassini, tanto accattivante quanto difficile da rappresentare,  ciò che è mancato da subito è stata la verosimiglianza dell'universo creato da Williamson. Un universo nel quale l'FBI non agisce mai nel modo più corretto e razionale, nel quale Ryan Hardy (grazie a Kevin Bacon, uno dei pochi aspetti positivi della stagione) è sempre il primo ad arrivare nel luogo prestabilito e a fronteggiare, spesso da solo, i follower, nel quale le modalità di reclutamento dei membri della setta rimangono o sconosciute o illogiche, nel quale non abbiamo assolutamente idea di quale fosse il piano di Joe Carroll.

A questo proposito il capo della setta meriterebbe un capitolo a parte (usiamo questa immagine dato che al centro di tutto sembrerebbe esserci la scrittura di un libro). Il personaggio di James Purefoy, interprete che ad esempio in Rome avevamo apprezzato, non ha mai funzionato come nemesi, come ennesima incarnazione del villain onnipotente e onniscente. A mancargli è soprattutto un requisito fondamentale: il fascino. Quello che doveva essere l'interessante tema fondamentale della serie, la dialettica tra un bene giusto ma che causa sofferenza a se stessi (incarnato da Hardy) e un male sbagliato ma affascinante nel causare sofferenza ad altri (rappresentato da Carroll) è venuto completamente a cadere nello sbilanciamento tra i due personaggi. Questo per quanto riguarda le considerazioni sulla scrittura generale della serie (per tacere di personaggi poco riusciti come Emma, Claire o Joey) ma senza dimenticare anche alcune considerazioni a margine, come la scomparsa dopo tre puntate di una colonna sonora adeguata ma soprattutto di quel gore che doveva essere il biglietto di visita della serie.

Continua a leggere su BadTaste