The Following 1x08 "Welcome Home": la recensione
Arrivati a metà stagione The Following non riesce ancora a migliorarsi e conferma tutti i difetti mostrati finora..
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Analizzare le pecche contenute in Welcome Home significa sostanzialmente ripetere quanto affermato nelle scorse settimane e constatarne per l'ennesima volta i limiti e i difetti. Proprio questa impossibilità manifesta di riuscire a costruire qualcosa di nuovo, qualcosa che vada aldilà della semplice promessa di Joe Carroll che "il meglio sta per arrivare" è alla base della stagnazione di una serie che, settimana dopo settimana, non ha fatto altro che accartocciarsi su se stessa, ripetendo ancora e ancora le stesse infelici soluzioni narrative. Siamo all'ottava puntata e, se nessuno ormai si illude che la serie tenga fede alle grandi aspettative della vigilia, anche la speranza di riuscire a consegnare in eredità al prossimo anno una stagione sufficiente sembra ormai svanire una volta conosciute le follie e i deliri (spesso involontariamente ridicoli) della magione dei follower, al centro di questa puntata.
Inverosimiglianza. Se la premessa della serie poteva idealmente essere accettata in tranquillità, la sua realizzazione è andata oltre ogni possibile sospensione dell'incredulità. I follower sono innumerevoli e chiunque può essere al servizio di Joe Carroll. Vivere a decine in una villa isolata non desta alcun sospetto. Le modalità di reclutamento e la creazione di questa rete che non disdegna tanto i giovani quanto gli anziani (come vediamo nella puntata) non vengono affrontate. Ma l'elemento più difficile da affrontare sembra essere il magnetismo emanato da Carroll, un carisma che né la prova di James Purefoy, né la scrittura del personaggio, né quanto mostrato dai flashback (compresa una scena di educazione allo sventramento mostrata nella puntata) hanno mai giustificato.
Caratterizzazioni. Partendo dall'ultima osservazione, sarebbe bene distribuire l'interesse anche nei confronti dei personaggi secondari, cosa non avvenuta nelle precedenti puntate (nel caso di Debra Parker si è tentato con un flashback ma con scarsi risultati). Risultato è che, nel momento in cui Mike viene fatto prigioniero e condotto in una sorta di Fight Club fai-da-te, non siamo mai davvero lì pronti a soffrire con lui. Idem per i vari follower. In questo caso la maggiore costruzione è stata riservata a Emma, e anche lì molto del lavoro si è fermato alla superficie. Impossibile poi non parlare dell'effetto straniante (in senso molto negativo), costruito dalle ultime sequenze ambientate nella villa, partendo dall'uccisione del malcapitato Charlie e terminando con uno strano montaggio di due scene di sesso. Poi si potrebbe decidere di andare ancora più a fondo analizzando le varie pecche e incoerenze della puntata: su tutti Carroll che in una scena rifiuta le avances di Emma perché "ha una moglie" (è un uomo con dei principi lui...) e la scena dopo ci va tranquillamente a letto.
Ma sarebbe un lavoro troppo lungo e poco fruttuoso. La consapevolezza di ritrovarsi settimana dopo settimana a fare le stesse riflessioni ci convince a congedarci qui da The Following. Torneremo a parlarne alla fine della stagione, per tirare le somme di una serie partita con ben altre aspettative.