The Following 1x06 "The Fall": la recensione

Troppi deus ex machina e soluzioni narrative forzate portano lo show a perdere verosimiglianza...

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Emblematico fin dal titolo della puntata: The Fall. Giunto alla sesta puntata, The Following continua a cadere. A cadere nelle ingenuità della scrittura, nelle contraddizioni, nei cliché che fin dal pilot avevamo facilmente individuato ma per i quali avevamo deciso di non penalizzarlo eccessivamente sperando in una ripresa nel lungo periodo. Così non è stato. Lo show di Williamson continua a cadere senza riuscire a rialzarsi e, paradossalmente, una puntata come l'ultima andata in onda, con il suo carico di eventi e con la molta carne al fuoco, più che fungere da spartiacque finisce per confermare il declino di una serie partita con ben altre aspettative.

Si riparte dal cliffhanger dell'ultima puntata, con Hardy catturato dai tre seguaci di Joe. E da subito iniziano i problemi con una totale mancanza di tensione e la vita di Hardy che non sembra mai veramente in pericolo. Certo, nessuno si aspetta che il protagonista muoia a metà della stagione, ma esistono modi migliori di raccontare una situazione del genere piuttosto che insistere per tutto l'episodio sulle battute sprezzanti di Hardy rivolte ai sempre più mediocri Jacob e Paul. Ed Emma? Il tentativo di decifrare il personaggio tramite il morboso rapporto con la madre culminato nella sua uccisione non decolla mai del tutto, anzi diventa il trampolino di lancio per dedicare una buona porzione della puntata ad un flashback dell'agente FBI Debra Parker. Flashback decisamente non riuscito nel suo non influire sulla puntata e nel suo essere dedicato ad un personaggio più che secondario e di cui non si sentiva l'esigenza di conoscere di più.

La parte centrale dell'episodio è occupata da alcune deludenti sequenze e soluzioni narrative che avevamo già osservato nelle scorse settimane e che anche stavolta si ripropongono. Ci riferiamo ai dialoghi tra Joe e il suo avvocato, perennemente lasciati soli e liberi di lanciare messaggi al di fuori del penitenziario continuando a muovere le pedine. Tra gli elementi che richiedono la nostra sospensione dell'incredulità questo continua ad essere tra i maggiori. Eppure il gioco narrativo svolge bene il proprio compito fino a dieci minuti dalla fine, riuscendo ad intrattenere piuttosto bene e senza cedere ad eccessive cadute di stile. Purtroppo l'infelice risoluzione finale penalizza tutto il  tutto sommato sufficiente lavoro fatto fino a quel momento e condanna l'episodio ad una valutazione negativa.

Ora, è difficile risalire a monte alle responsabilità principali, da dividere tra una scrittura che fin dall'inizio sembra essersi chiusa in un vicolo cieco e la perenne esigenza di dover "allungare il brodo" ma il quadro finale che ne risulta è abbastanza desolante. Completamente circondati da SWAT, FBI e altre sigle elencate da Hardy, il trio di rapitori sembra non aver via di scampo finché, con un deus ex machina troppo clamoroso per essere perdonato, iniziano a spuntare follower in ogni dove pronti a salvare i malcapitati. Ora, fin da subito avevamo avvertito l'esigenza per lo show di  non superare il limite, il limite delle forzature per il proseguimento della storia, il limite della credibilità di una storia che fin dall'inizio era sembrata troppo poco verosimile. Con questo finale di puntata e questo deus ex machina quel limite è stato ampiamente superato e difficilmente, a meno di correre immediatamente ai ripari invertendo completamente rotta – partendo da dei flashback chiarificatori e, stavolta, utili – la seconda parte di stagione potrà risollevare il livello generale.

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