Flintstones vol. 1: Benvenuti a Bedrock, la recensione

La serie a fumetti dei Flintstones propone una graffiante satira della società moderna

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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The Flintstones #1, variant cover di Ivan Reis

Da un paio d'anni, la DC Comics sta portando avanti il progetto Hanna-Barbera Beyond, grazie al quale i popolari personaggi nati nei cartoni animati degli anni '60 vengono reinventati a fumetti con un approccio più moderno e un taglio più adulto. Il prodotto più riuscito finora è la maxi-serie di dodici numeri Flintstones, scritta da Mark Russell (Prez, Judge Dredd: Under Siege) e disegnata da Steve Pugh (Animal Man, Generation X), di cui RW-Lion ha da poco portato in Italia la prima metà con il volume Benvenuti a Bedrock!

Inizialmente, il risultato di questa operazione è straniante e ci appare una rivisitazione bizzarra, sia per i toni del racconto che per l'estetica, alla ricerca di una via di mezzo tra gli elementi cartooneschi dell'originale e uno stile più realistico. Verrebbe quasi da domandarsi perché, invece di ripescare gli Antenati, gli autori non abbiano optato per creare dei nuovi personaggi preistorici; ma il progetto nasce proprio dall'idea di sfruttare la nostalgia dilagante e fornire una visione più matura del brand ai lettori che sono cresciuti con la serie animata. E dobbiamo ammettere che, dopo un po', ci si abitua a questo ibrido di stili e contenuti, e si finisce per apprezzare il fumetto più di ogni altro titolo dell'iniziativa.

Se nelle rispettive collane Scooby-Doo è stato dotato di apparecchiature iper-tecnologiche e le Wacky Races sono state immerse in un'ambientazione post-apocalittica in stile Mad Max, gli amati cavernicoli non hanno subito particolari stravolgimenti, e li ritroviamo simili a come li conoscevamo ma al contempo diversi. Il cartone animato, infatti, proponeva uno spaccato della società americana, e il suo sguardo satirico l'ha reso la prima serie nel suo genere a essere trasmessa in prima serata, con un ampio pubblico di spettatori adulti. Nel fumetto l'approccio è il medesimo, senza però puntare a un target più ampio; Flintstones non è un prodotto per bambini, e gli autori si rivolgono a ragazzi e adulti analizzando diversi elementi della cultura e dell'attualità.

The Flintstones #1, variant cover di Dustin Nguyen

Farsi dare da degli uomini dell'Età della Pietra lezioni di etica politica, di religione e leggere le loro riflessioni sul mondo del lavoro potrebbe sembrare ridicolo, ma la forza della sceneggiatura sta proprio nel trasmettere messaggi attraverso una società semplice che non ha ancora la frenesia e le complesse sovrastrutture del mondo odierno.

Ciottolina e Bam Bam non sono più dei bambini ma tredicenni alle prese con il bullismo (molto emozionante l'adozione del giovane Rubble, ancor più di quanto non fosse nella serie animata); Wilma è stata discriminata da piccola perché cresciuta in una famiglia nomade, mentre Fred e Barney sono veterani di guerra, avendo combattuto nella Battaglia di Bedrock. Sono backstory mature che danno spessore ai personaggi e, di riflesso, a tutta la società delle caverne rappresentata nel fumetto.

Tra vendite porta a porta di integratori di vitamine e rapporti omosessuali, lo spettro di tematiche affrontate da questi nuovi Antenati è sorprendente. La minaccia di un asteroide in grado di sterminare la razza umana è un elemento che troviamo naturale in una storia di ambientazione preistorica, ma la società rappresentata è chiaramente una metafora che intende rappresentare noi stessi. La parola d'ordine è "cambia il tuo punto di vista", e grazie a questo stratagemma gli autori riescono a emozionare il lettore facendogli provare empatia, persino per degli animali elettrodomestici.

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