The Exorcist 1x10, "Three Rooms" [finale di stagione]: la recensione

Si chiude con un finale adrenalinico la prima stagione di The Exorcist, che rispetta senza imitare l'originale cinematografico da cui prende spunto

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La sottile differenza tra vecchio e antico è tanto ineffabile quanto fondamentale per apprezzare appieno l'efficacia di un'operazione come quella tentata da The Exorcist, serie Fox che giunge, con Three Rooms, alla fine della propria prima stagione. Benché si avvalga di meccanismi ormai ben rodati dal cinema horror e, nello specifico, dai racconti di possessione cui il grande e piccolo schermo ci ha abituati da ormai quarant'anni, la serie ideata da Jeremy Slater riesce a evitare la trappola del vecchiume, inteso come elemento usurato che ha perso, ormai, qualsiasi efficacia. Ne è mirabile riprova l'adrenalinica conclusione della stagione, che costituisce una sorta di antitetico lieto fine rispetto a quanto mostrato dal film di Friedkin nel 1973, concedendosi il lusso di qualche punto in sospeso - su tutti, la possessione di Maria Walters - in caso di rinnovo della serie. Rinnovo che, alla luce di quanto visto finora, è più che auspicabile, sebbene debba scontrarsi con un calo di ascolti che non promette nulla di buono.

Sorretta da performance attoriali che trovano in essa la palestra ideale per mostrare i muscoli, Three Rooms è la puntata più rocambolesca e, al tempo, più intimista della serie Fox, costruita sui drammi paralleli dei due protagonisti Tomas e Marcus, ciascuno alle prese con una situazione piuttosto spinosa da sbrogliare. Alla claustrofobia del problema del primo, impegnato a contrastare il dominio di Pazuzu su Angela Rance/Regan MacNeil, si contrappone la tortura del secondo, perpetrata dal perfido Padre Simon e interrotta solo dall'ambizione di Maria Walters; il che dimostra, qualora ve ne fosse ancora bisogno, uno dei messaggi chiave della serie, ovvero che il Bene può operare attraverso vie misteriose, che affondano talvolta le radici nel Male. Come Marcus e, di conseguenza, Tomas affronteranno il perturbante relativismo di certe situazioni da loro innescate è solo uno tra i molti dilemmi che potrebbero costituire il terreno per una seconda stagione ricca sia a livello tematico che narrativo.

Se è vero, come recita la tagline della serie, che ogni anima è un campo di battaglia, non c'è terreno interiore più devastato di quello di Angela Rance, che nel corso dell'episodio affronta uno scontro memorabile con un vecchio amico, quel Pazuzu che, da ormai quarant'anni, la perseguita in forme diverse e sempre più micidiali. Ma Angela è più forte di Regan, e tale forza le deriva non tanto dalla maturità di donna conseguita negli anni, quanto dagli elementi sociali - e, soprattutto, affettivi - che questa maturità ha portato con sé. L'intervento di Padre Tomas è fondamentale per interrompere il circolo di sadica violenza innescato, alla fine del penultimo episodio, nel salotto di casa Rance, ma è la famiglia di Angela a fare la differenza stavolta, evitando alla donna una morte atroce con annessa eterna dannazione e, al giovane prete, un suicidio reso piuttosto allettante da un incubo visivo che coinvolge la defunta nonna dell'uomo e l'immancabile Marcus.

Oh, Marcus. Rispetto alla pavida insicurezza del bel Tomas, non v'è dubbio che la parte del leone venga svolta per l'ennesima volta dall'ex prete britannico, che arriva da solo a sventare un attentato a Papa Sebastiano in visita a Chicago, sgozzando tra il giubilo degli spettatori il viscido, spietato Padre Simon. Non fosse altro per il merito di aver costruito un personaggio fuori dagli schemi, eroico nella propria scabrosa fragilità, connotato sessualmente in senso opposto rispetto alla morale cattolica più oltranzista e reietto estromesso dalla Chiesa, a The Exorcist dovrebbe essere concessa una seconda stagione. Il finale di Three Rooms, che mostra Angela ormai in pace - benché paralizzata - e Marcus e Tomas incamminarsi nella notte di Chicago, lascia la bocca del pubblico desiderosa di gustare i nuovi sapori che le prossime avventure di questo strano ma deliziosamente affiatato duo potrebbe ancora regalare.

La scommessa di uno show basato su un cult come quello di Friedkin era straordinariamente ambiziosa, e l'unico modo per non uscire ridicolmente sconfitti dal paragone con un colosso del genere era accostarsi all'originale con estrema umiltà, liberandosi dalla tentazione imitativa e con lo sguardo proiettato verso un nuovo orizzonte. La costruzione di The Exorcist ha viaggiato in tal senso fin dall'inizio, e nemmeno la rivelazione della vera identità di Angela Rance ha potuto scalfire la forte identità della serie, costruita non agli antipodi dell'originale filmico, ma semplicemente in un'area adiacente, conservando quel tanto di affinità tale da garantire l'approvazione dei fan più nostalgici e l'interesse del restante pubblico. Se a questa vittoria meritata corrisponderà un rinnovo, è ancora in dubbio; se anche dovesse limitarsi a una sola stagione, l'avventura di The Exorcist merita d'essere applaudita.

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