The Divergent Series: Insurgent, la recensione

Cambia tutto per il secondo capitolo di Divergent ma verso il peggio. Insurgent è una copia sempre più burina di Hunger Games

Critico e giornalista cinematografico


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Sono davvero impressionanti i punti in comune tra la serie di Divergent e quella di Hunger Games, somiglianze della trama che poi trovano un corrispettivo anche nella storia produttiva.

Questo secondo film infatti (Insurgent, titolo che rimanda alla rivolta come fa il terzo Hunger Games) cambia buona parte del team creativo, tutti gli sceneggiatori, il regista e buona parte della crew tecnica con un netto cambio di ritmo e riuscita come era successo in La ragazza di fuoco. Ma se il film precedente era una copia decente del modello originale, per l'appunto la saga di Katniss Everdeen, questo secondo ne è una versione burina e dozzinale, in cui tutti i temi e le idee su come trattare oggi una distopia di fantascienza senza fare davvero della fantascienza vengono declinati nella maniera più spiccia e immediata.

Goffo in ogni sua componente, specie nelle sequenze d'azione, Insurgent massacra qualsiasi buona premessa imbastita da Divergent

La serie si chiuderà con un capitolo conclusivo diviso in due parti (come Hunger Games) e dopo aver mostrato i presupposti del racconto ora introduce una seconda fazione, i ribelli, appartenenti a una categoria che il governo centrale aveva spacciato per deceduta o mai esistita (come il tredicesimo distretto di Panem). A capo dei ribelli un'attrice nota (Naomi Watts come Julianne Moore) con dei piani che non sembrano proprio quelli dei soliti ribelli ma girano intorno all'instaurazione di un regime differente.
A distanziarsi da Hunger Games è il ruolo della protagonista. Tris non è Katniss, è una specie di prescelta per destino (mentre Katniss forgia da sè il proprio ruolo) e in questo secondo film esplicita un conflitto a dir poco ridicolo: il classico "Tutti quelli che sono vicino a me finiscono per morire".

Goffo in ogni sua componente, specie nelle sequenze d'azione, Insurgent massacra qualsiasi buona premessa imbastita da Divergent, affidandosi eccessivamente alle interpretazioni di attori non in grado di reggere da soli un film (le due migliori sono messe al margine) e disinteressandosi della costruzione di un ambiente vitale. Verrebbe da pensare che Robert Schwentke abbia montato per sbaglio alcuni ciak scartati, tanto certi momenti paiono svogliati.

A non aiutare per niente ci sono poi i difetti che la saga si porta dietro dal suo esordio in sala. Pur mantenendo la medesima assurdità di fondo, il futuro di Insurgent è anche meno coinvolgente di quello di Divergent (perchè se si è dotati di tecnologia avanzatissima si vive in città distrutte senza ripararle?), sacrifica qualsiasi svolta o possibile trovata di trama sull'altare di un'emotività tanto sbandierata quanto insapore. Non importa quanto senso abbiano gli eventi, importa che la protagonista si commuova ma in questa maniera non abbiamo mai percezione del suo dolore.

Il risultato è l'alternativa "facile" a Hunger Games, un romanzo di formazione che ha il medesimo intento femminista (in questo caso si vuole mostrare alle ragazze che non devono essere quel che la società impone loro ma possono assumere più ruoli e identità) messo in scena in maniera così semplice da risultare didascalico. Sconfitto su ogni fronte dal paragone sia con la serie cui viene messo a confronto, sia con il suo stesso primo film, Insurgent è infine affossato dalla protagonista Shailene Woodley, a disagio in qualsiasi tipo di scena, specie nei primi piani.

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