The Dead Don't Hurt - I morti non soffrono, la recensione: Viggo Mortensen sta diventando un grande regista

Questo classico western, che è anche una rilettura del genere in chiave femminista, è la prova che Mortensen sta diventando un regista coi fiocchi

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Chi è questa donna che immagina, o forse ricorda, un cavaliere in armatura in un momento decisivo della sua vita? The Dead Don't Hurt - I morti non soffrono, scritto e diretto da Viggo Mortensen, ce la farà conoscere piuttosto bene.

Si chiama Vivienne Le Coudy, ha ucciso il suo primo coniglio a 5 anni, sa impallinare col fucile in cielo un'anatra con grande facilità e viene da una terra con “aceri, querce rosse, betulle e noci americani”. “Sei francese?” le chiederà qualcuno con lei che quasi sprezzante urlerà “No!”. Per capire chi è questa donna misteriosa che spesso ha visto gli uomini più importanti della sua vita partire per le “loro” guerre, capace di incontrare e innamorarsi a prima vista nella San Francisco del 1860 di un cowboy d'origini danesi di nome Olsen (interpretato da Mortensen), dovrete cercare di recuperare The Dead Don't Hurt.

È la seconda regia di Viggo Mortensen, presentata dentro la sezione Grand Pubblic della 19° Festa del Cinema di Roma. In cartellone in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival del 2023, la seconda fatica dietro la macchina da presa del noto attore dopo il dramma familiare Falling (2020), è un western montato con una cronologia non lineare in cui da San Francisco ci si sposterà nella piccola Elk Flats del Nevada. È lì che Vivienne e Olsen proveranno a condurre una vita serena da innamorati passionali.

Il film di Mortensen è contemporaneamente un classico western che gioca con i cliché (saloon, sceriffi, potenti locali, sparatorie, impiccagioni) con in più elementi storici come la guerra civile tra Nordisti e Sudisti nonché un'attenta disamina della condizione della donna rispetto a quella più privilegiata dell'uomo in quel contesto così condizionato in chiave virile. Vicky Krieps è l'indomabile Vivienne che ammalia e sconcerta il tenero Olsen di Mortensen. A ben guardare questi due attori sembrano nati per recitare insieme in un film e viene da stupirsi che non l'abbiano fatto prima.

Concludiamo con la certezza che Mortensen possa trasformarsi in futuro in un regista con i fiocchi per la sensibilità dello sguardo e la meticolosità della messa in scena.

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