The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me, un violento finale di stagione | Recensione
The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me è un buon finale di stagione, ma speriamo che la serie riesca a rinnovarsi con i prossimi episodi
Con The Devil in Me, il team inglese chiude la sua prima stagione, costituita da quattro differenti titoli. Dopo aver esplorato diverse sfumature dell’horror, gli sviluppatori hanno deciso di terminare questa prima ondata di giochi col botto. Un botto fatto di sangue e viscere, ambientando il tutto in una replica dell’hotel di Herman Webster Mudgett, noto anche come Henry Howard Holmes. Holmes è un serial killer realmente esistito a fine Ottocento, periodo durante il quale uccise decine di persone (133, secondo una sua dichiarazione) all’interno della sua abitazione, che chiamava “il Castello”.
IL CASTELLO DI HOLMES
La trama ci vede interpretare una troupe televisiva invitata a visitare la replica della dimora di Henry Holmes. Com’è facile prevedere, la visita nel Castello diventa una violenta discesa all’interno di un incubo, conducendo i cinque protagonisti ad affrontare non solo un misterioso omicida, ma anche le proprie paure. Peccato, però, che proprio i protagonisti siano l’anello debole del racconto, dato che ricalcano gli stereotipi dei personaggi che troviamo da sempre all’interno dei film horror. Difficile, quindi, empatizzare con i nostri avatar, che risultano per lo più fastidiosi e privi di quel carisma necessario per entrare nei nostri cuori.
L’ESPLORAZIONE PRIMA DI TUTTO
Esattamente come in House of Ashes (terzo capitolo della Dark Pictures Anthology), anche The Devil in Me permette al giocatore una maggiore libertà nella gestione della telecamera. In questo modo, l’esplorazione degli ambienti risulta meno frustrante che in passato, riuscendo a coinvolgere per il già elogiato nuovo setting. Il Castello, inoltre, risulta nettamente più “leggibile” delle cave sotterranee viste nello scorso episodio, garantendo all’utente un’esperienza meno confusionaria e più appagante.
Gli sviluppatori hanno inoltre pensato di dare ulteriore libertà al proprio pubblico, che ora è chiamato non solo a decidere quale decisione prendere, ma ad affrontare veri e propri puzzle ambientali. Un deciso passo avanti all’interno del franchise, che speriamo possa essere utilizzato come base di partenza per il futuro.
The Devil in Me, come i tre giochi precedenti, permette di personalizzare la propria esperienza attraverso molti bivi narrativi. Bivi che, purtroppo, talvolta ci impediscono di scoprire tutti i retroscena del titolo, ma garantendo di conseguenza una discreta rigiocabilità. Quando non si esplora o non si prendono decisioni, il giocatore dovrà affrontare sequenze d’azione attraverso gli intramontabili QTE. Anche questa volta, però, ci sentiamo di penalizzare alcuni di questi Quick Time Events, dato che c’è il rischio di vedere la dipartita dei nostri protagonisti dopo un singolo errore. Questo, talvolta, rischia di essere frustrante, punendo in modo eccessivo il giocatore, che potrebbe trovarsi a concludere l’avventura con un cast ridotto all’osso.
IL PESO DEGLI ANNI
Da un punto di vista estetico, The Devil in Me è un titolo perfettamente in linea con lo scorso episodio. Gli ambienti ci hanno convinto grazie a un design riuscito e a un’ottima illuminazione, mentre abbiamo ancora dei dubbi sui volti dei personaggi e sulle animazioni dei loro corpi. I nostri protagonisti sembrano talvolta guardare nel vuoto, mentre i loro movimenti risultano talvolta eccessivamente legnosi. Il colpo d’occhio rimane comunque discreto, ma ci auguriamo che con la Stagione 2 si possa finalmente fare un deciso balzo in avanti da un punto di vista tecnologico.
LEGGI ANCHE - The Quarry, il degno erede di Until Dawn | Recensione
Buono il doppiaggio e la colonna sonora, ma incapaci di farci davvero gridare al miracolo. Anche da questo punto di vista, speriamo che in futuro il franchise possa superare i propri limiti e regalare al pubblico un’esperienza più curata e totalizzante. La base di partenza, sicuramente, è ottima. Abbiamo avuto occasione di provare il gioco anche nella sua versione per Steam Deck. Impossibile in questo caso non elogiare il risultato raggiunto dai dev, che hanno permesso al titolo di girare fluidamente sulla nuova piattaforma portatile di Valve. Il tutto permettendo alla console di mantenere un'autonomia di circa due ore, con un risultato nettamente superiore a molte della produzioni più recenti.
L'ALBA DI UN NUOVO INIZIO
The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me è un’opera che convince, ma che non stupisce. Ci troviamo di fronte a un buon finale di stagione, accompagnato da un racconto splatter e ricco di momenti intensi. Peccato, però, che Supermassive Games non abbia deciso di alzare l’asticella qualitativa, adattandosi al seppur buono risultato dei precedenti episodi della saga. Se avete amato Man of Medan, Little Hope e House of Ashes non abbiate dubbi: The Devil in Me è un titolo che amerete giocare da soli o in compagnia. Se, invece, i primi tre titoli vi hanno lasciati indifferenti, non sarà questa nuova avventura a farvi cambiare idea sul franchise.