The Dark Pictures Anthology: Little Hope, fa paura, ma anche ridere | Recensione
The Dark Pictures Anthology: Little Hope è l’ideale se si è rimasti a secco di film horror da guardare
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Se state pensando al bellissimo Until Dawn, c’è una brutta notizia per voi. Se il team di sviluppo è lo stesso della produzione Sony, gli ormai esperti Supermassive Games nel dare vita ad avventure story driven di stampo horror, il risultato finale non può dirsi ugualmente aggraziato e piacevole, mortificato da diverse cadute di stile proprio sul piano della narrazione.
Secondo capitolo di una saga antologica, un po’ come lo era The Twilight Zone, serie TV la cui prima stagione fu mandata in onda nel 1959, evidente fonte d’ispirazione per Supermassive Games, dopo aver esplorato il carapace arrugginito di una nave alla deriva nell’oceano, in Man of Madan, The Dark Pictures Anthology: Little Hope costringe cinque protagonisti, quattro studenti ed un professore universitario, a scoprire i terribili misteri che cela una cittadina dell’entroterra statunitense abbandonata da tempo.
[caption id="attachment_219269" align="aligncenter" width="1000"] La storia è introdotta ed intermezzata dagli interventi di un narratore, esattamente come accadeva nelle vecchie puntate di The Twilight Zone, noto dalle nostre parti con il titolo di Ai confini della Realtà.[/caption]
Se ciò potrebbe inizialmente esaltare i fan, non passa troppo tempo prima che alcuni nodi vengano tragicamente al pettine. L’incipit del racconto è intrigante e ben diretto quanto basta, ma non appena si entra nel vivo si palesa immediatamente qualcosa che stona enormemente con la situazione che viene a crearsi.
Laddove Until Dawn superava qualsiasi imbarazzo con una scelta stilistica coraggiosa e rispettata dall’inizio alla fine, ovvero tradurre in formato videoludico la tradizione dei teen horror b-movie, The Dark Pictures Anthology: Little Hope approccia lo spettatore con molta meno onestà intellettuale, prendendosi troppo sul serio e palesando fin troppo spesso, e con fin troppa evidenza, problematiche ancora congenite alla maggior parte dei prodotti che, in un modo o nell’altro, devono lasciarsi giocare, introducendo e permettendo l’interazione di chi stringe un pad tra le mani.
In questo caso, come anticipato, parliamo di un intervento minimo, limitato ad alcune QTE, solo poche delle quali interessanti sul piano prettamente ludico, e soprattutto alle continue scelte che modificheranno il corso della storia e influenzeranno il rapporto che lega i vari protagonisti della vicenda.
Se la maggior parte delle decisioni che dovrete prendere sono stuzzicanti, capaci di incrementare la tensione già generata da continui jumpscare che non possono certo mancare in produzioni del genere, molte, troppe, sono più che altro dettate dall’urgenza ludica di modellare le relazioni tra personaggi, così da esaltare la natura ruolistica, passateci il termine, del titolo.
Proprio in questi frangenti si palesa e si soffre lo scollamento narrativo a cui accennavamo in apertura, causa di momenti comici per i motivi sbagliati, quando non proprio fastidiosi. Reiterazioni di concetti già espressi fino all’estremo, momenti paradossali in cui i personaggi non reagiscono come dovrebbero agli eventi soprannaturali a cui stanno pur assistendo, inspiegabili omissioni.
Per godersi al meglio The Dark Pictures Anthology: Little Hope bisogna insomma chiudere un occhio. Non ha la profondità tematica di un Silent Hill qualsiasi, né la freschezza di Until Dawn. Eppure, non è tutto da buttare, tutt’altro. Chi ama e ricerca una ferrea coerenza narrativa soffrirà a più riprese, ma il titolo di Supermassive Games ha dalla sua innegabili pregi.
Come detto, le scelte da intraprendere sono spesso e volentieri azzeccate e le dirette conseguenze regalano all’utente la netta sensazione di essere effettivamente l’artefice di una storia il cui lieto fine non è affatto scontato, né garantito.
[caption id="attachment_219270" align="aligncenter" width="1000"] Giocato insieme ad altri utenti, avrete ovviamente meno potere decisionale sulle sorti della storia, ma vi sorprenderete maggiormente delle pieghe inaspettate degli eventi.[/caption]
Inoltre i personaggi ostentano una certa profondità. Sfaccettati e non troppo scontati, salvaguardano l’horror dal tramutarsi in pura parodia. Soprattutto nelle fasi avanzate dell’avventura, proverete sincero affetto verso alcuni di loro, causandovi una fitta al torace, nel caso in cui dovessero perdere drammaticamente la vita, eventualità evitabile solo compiendo le giuste scelte e curando i rapporti con certi comprimari.
Il replay value, insomma, è piuttosto alto, altro pregio per un gioco che comunque non richiede più di una mezza dozzina di ore per essere completato del tutto.
Interessante in singolo, a patto di soprassedere su evidenti limiti strutturali del progetto, enormemente più godibile in multiplayer, sia online che in locale dove ogni giocatore prende il controllo di un personaggio specifico, The Dark Pictures Anthology: Little Hope offre al pubblico anche un comparto grafico più che solido. Le animazioni facciali non sono certo al livello di quelle ammirate in The Last of Us Parte II, ma grazie ad un comparto artistico ispirato, il gioco si difende benissimo anche sul piano prettamente estetico.
Non un capolavoro del genere, ma nemmeno un disastro, la creatura di Supermassive Games è consigliato agli amanti del genere o a chi vuole concedersi un’avventura story driven senza troppe pretese.
Ideale se si è rimasti a secco di film horror da guardare in queste prime notti di novembre.