The Crow’s Eye, a metà strada tra Saw e Amnesia - Recensione
Un’avventura grafica, tutta enigmi e indizi da scovare, dalle tinte vagamente horror: la recensione di The Crow’s Eye
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
In questo espediente narrativo, insomma, c’è un pizzico di Saw, ormai cliché di un certo genere di racconti ed opere, comunque ancora efficace per introdurre e giustificare il confuso errare del malcapitato di turno, in un edificio pieno di pericoli, minacce, eventualmente creature mostruose.
[caption id="attachment_170884" align="aligncenter" width="600"] Alcuni elementi di design sembrano presi in prestito da Bioshock. Ne sono una prova parte dell’HUD, ma anche alcune testimonianze affidate, come nel capolavoro prodotto da 2K Games, a vecchi registratori portatili.[/caption]
Gli ostacoli che il professore d’università ha preparato per voi sono tutti mentali, enigmi la cui soluzione si trova utilizzando la logica, quando non le rivedibili capacità atletiche del protagonista di questa strana e misteriosa vicenda.
"A poco a poco ci si accorge di essere completamente soli, prigionieri della propria mente che proietta ansie e paure in rumori appena percettibili, nelle ombre che sembrano muoversi, in giochi di luce effettivamente terrificanti. "A poco a poco, tuttavia, ci si accorge di essere completamente soli, prigionieri, semmai, della propria mente che proietta ansie e paure in rumori appena percettibili, nelle ombre che sembrano muoversi, in giochi di luce effettivamente terrificanti. Raccogliendo i documenti sparsi per l’università, unico modo attraverso cui la narrazione si sviluppa, si scopre che, effettivamente, qualcosa di raccapricciante, tra quelle mura, è avvenuto molto tempo prima, motivo per cui l’edificio è attualmente deserto e abbandonato da chissà quanto.
Sembra quasi di essere alle prese con l’ennesimo interactive drama dalle tinte vagamente horror, non fosse che, di punto in bianco, ci si ritrova alle prese con fantascientifici blocchi luminosi sospesi a mezz’aria che, privi di attrito, andranno spostati in punti precisi della stanza in cui è ambientato il puzzle, così da guadagnarsi l’accesso all’area successiva.
Si tratta del primo, di una serie di enigmi che si ripetono sfruttando sempre la stessa meccanica, gli unici ad impensierire l’utente insieme ad alcune sezioni, che potremmo tranquillamente definire platform, che, purtroppo, combaciano anche con l’aspetto peggiore della produzione a causa di un sistema di controllo non proprio preciso e a suo agio in situazioni simili.
[caption id="attachment_170885" align="aligncenter" width="600"] Graficamente il gioco è piuttosto elementare, ma si difende bene grazie ad alcuni effetti ben realizzati e ad un art design più che degno.[/caption]
The Crow’s Eye convince laddove scommette sul fascino e sul terrore scaturito dalle sue ambientazioni, intrattenendo con una trama scandita da documenti, registrazioni e piccoli indizi che si recuperano esplorando ogni anfratto. Purtroppo l’ambito ludico sembra un’aggiunta dettata più dalla volontà degli sviluppatori di avvicinare a tutti i costi la loro creatura al genere delle avventure grafiche, piuttosto che da una concreta ispirazione o dalla volontà di mettere in mostra il talento dei game designer. Gli enigmi, alla lunga, diventano ripetitivi, le fasi platform frustranti, a causa della cronica imprecisione del sistema di controllo.
Come interactive drama, insomma, The Crow’s Eye funziona, appassiona, spaventa persino. Come avventura grafica lascia piuttosto indifferenti, al punto che quasi ci si innervosisce quando si inciampa nell’ennesimo puzzle da risolvere.
Resta un titolo ben sviluppato, sorretto da un art design che rimedia ad un comparto tecnico poco raffinato, che certamente saprà affascinare gli amanti del genere. Peccato per gli enigmi poco ispirati e le fasi platform assolutamente dimenticabili.