The Consultant (miniserie): la recensione
Dapprima efficace, The Consultant inciampa a metà strada, decidendo di schiantarsi rovinosamente a terra tra prevedibilità e mediocrità
The Consultant la recensione in anteprima della miniserie, disponibile su Prime Video dal 24 febbraio.
La trama di The Consultant
A seguito di un incidente, l'azienda di sviluppo di videogiochi per dispositivi mobile CompWare dà il benvenuto a un nuovo consulente: Regus Patoff. L'uomo pare abbia firmato un contratto con il precedente boss della compagnia, ed è incaricato di salvare il salvabile e rimettere tutto in carreggiata prima del fallimento. Nonostante i sorrisi di convenienza, Patoff è crudele e determinato a portare a termine il suo lavoro, incurante di cosa pensino o provino i dipendenti. Non importa se sono disabili o se si ammalano, se danneggiano l'azienda vanno allontanati.
A cercare di tenerlo a bada e a limitare i danni ci sono Elaine (Brittany O' Grady), assistente determinata a fare il bene dei suoi colleghi, ma che nasconde uno spirito ambizioso di cui a tratti si vergogna, e Craig (Nat Wolff) capo sviluppatore di CompWare, una testa calda che però non ha mai reagito alle sfortune della vita. I due cercheranno di scoprire la verità su Patoff e sul suo atteggiamento sibillino, solo per scontrarsi contro un muro apparentemente insormontabile.
Un inizio interessante, con dei buoni sviluppi e degli altrettanto efficaci cliffhanger, capaci di mantenere alta l'attenzione dello spettatore per buona parte del tempo.
Nel corso degli otto episodi però, qualcosa va storto, e The Consultant inciampa invece di arrivare in cima alle scale, scivolando a terra in un misto di imbarazzo e prevedibilità.
Comicità paradossale
Dopo una prima metà molto convincente, con il giusto equilibrio tra commedia, mistero e soprannaturale, Tony Basgallop decide di esagerare. Forse inconsciamente, forse di proposito, ma lo show inizia a insistere su determinati aspetti di Patoff che lo rendono più macchiettistico e meno terrificante. Si perde poi tutta la questione di competizione in ufficio, con Craig che si lascia volutamente andare ed Elaine che soffre molto probabilmente di un disturbo duplice di personalità a seconda del personaggio con cui recita.
Se il cambio drastico di personalità dei protagonisti può essere giustificato con la pressione psicologica (e apparentemente sovrannaturale) di Patoff, o può essere un'allegoria dello stress lavorativo come l'intero show sostiene, ci sono alcuni messaggi fortemente ancorati ad almeno un decennio fa. Dopo la prima metà, lo show inizia a sottolineare, sì in maniera paradossale, come i videogiochi possano rendere violente le persone, portando all'autolesionismo. Si tratta di un messaggio che può essere travisato e sfruttato a favore di chi odia il mezzo, alimentando possibili polemiche su sparatorie o disastri dell'epoca moderna. Una caduta di stile che va a inficiare anche gli ottimi spunti dei primi episodi, segnando l'inizio del tracollo di The Consultant.
A niente serve avere nel cast un ottimo Waltz o alcune inquadrature riuscite, se tutto il resto è destinato a incrinarsi e ad andare in frantumi per aver schiacciato troppo violentemente il tasto dell'esagerazione perché sulla performance dell'attore premio Oscar, gravano le meno convincenti del resto del cast, oltre all'alone da macchietta del personaggio che prende via via il sopravvento mentre sul racconto continuano ad aggiungersi trame assurde, tra rapine, elefanti e scheletri riforgiati, un esagerazione costante e strabordante.
Quello che, a mente fredda, può sembrare come un disastro voluto, analogo al videogioco sviluppato nello show, a conti fatti è solamente una serie tv che non riesce a lasciare il segno e si accascia al suolo tra l'indifferenza generale.