The Chant, quando fare yoga non ti salva la vita | Recensione

The Chant è un titolo atipico, ma capace di regalare grandi suggestioni agli appassionati dei survival horror

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È proprio giocando a titoli come The Chant che ci rendiamo conto di quanto i videogiochi horror necessitino di un’ambientazione affascinante per ammaliare il pubblico. Ne sono una prova l’iconica villa di Resident Evil, la splendida cittadina di Bright Falls di Alan Wake e la USG Ishimura di Dead Space. Le location sono, semplicemente, fondamentali ai fini dell'esperienza. The Chant fa propria questa lezione e ci racconta una storia ambientata in un ritiro spirituale su un’isola sperduta in mezzo al mare. Una sorta di paradiso terrestre che, ovviamente, si trasformerà presto in un inferno.

Negli scorsi giorni abbiamo avuto occasione di affrontare la recente opera sviluppata da Brass Token e pubblicata da Prime Matter. Un’opera che è già disponibile da una settimana su PlayStation 5, Xbox Series X e PC, al prezzo lancio di circa quaranta euro.

LOVECRAFT E CRISTALLI PRISMATICI

Come già accennato, The Chant ci mette nei panni di Jess Briars, una ragazza incapace di superare un evento traumatico avvenuto pochi anni prima. Tormentata dalle visioni, Jess decide di seguire una sua amica in un ritiro spirituale su Glory Island, un’isola dove il guru Tyler gestisce una comunità di persone alla ricerca di equilibrio. Ogni elemento del luogo ruota attorno alla scienza prismatica e, più in generale, ai cristalli che le persone portano al collo, vero riflesso della propria psiche. Durante il rituale d’iniziazione di Jess qualcosa va storto, facendo precipitare l’intera isola nel panico più totale.

Evitiamo ovviamente di entrare nel dettaglio, in modo da farvi godere quello che è sicuramente uno dei punti di forza della produzione: il mood. La scrittura di The Chant, infatti, è buona, ma non eccellente. Capita talvolta che alcuni eventi importanti siano risolti medianti una cut-scene brusca e poco cinematografica, lasciandoci l’amaro in bocca. Il mood, invece, è qualcosa di semplicemente perfetto. Quanto accade in scena non è tanto interessante da un punto di vista narrativo, quanto da quello puramente emotivo. Ci siamo trovati a voler bene a Jess e a vivere con estremo interessa tutta l’avventura, nonostante i succitati problemi di sceneggiatura.

I ragazzi di Brass Token hanno deciso anche di inserire tre differenti finali, che possono essere raggiunti in base ad alcune risposte multiple presenti nel gioco. Questo garantisce una discreta rigiocabilità, soprattutto visto che per completare l’avventura non ci si impiega più di sei ore.

The Chant

QUESTIONE DI EQUILIBRIO

L’intero gameplay di The Chant si basa sull’equilibrio. Il giocatore ha a disposizione tre parametri da tenere sottocchio: la Mente, necessaria per non impazzire, il Corpo, ovvero la barra della vita, e lo Spirito, fondamentale per effettuare alcune azioni e per ricaricare la Mente. Mentre vagheremo per Glory Island dovremo prestare attenzione a queste statistiche, in modo da evitare di venire uccisi dalle numerose creature intenzionate a farci la pelle.

Per il resto, il titolo si presenta come un survival horror abbastanza classico. I combattimenti sono per lo più all’arma bianca, grazie a particolari erbe che, se bruciate, possono danneggiare le presenze del luogo. Gli sviluppatori hanno quindi pensato di inserire un pizzico di crafting, spingendo l’utente a esplorare ogni anfratto per trovare i materiali con i quali difendersi. Il tutto funziona abbastanza bene. Nulla di particolarmente rivoluzionario, ma ancora una volta coerente con il mood trasmesso dal gioco.

Didascalico il level design, che presenta un’area centrale dalla quale poi diramarsi verso le varie zone dell’isola. Nulla di labirintico, dato che perdersi è quasi del tutto impossibile. Questa gestione degli spazi, però, contribuisce a scandire il ritmo della storia, permettendoci di affrontare una zona dopo l’altra sera senza perdere troppo tempo. Al termine della nostra avventura ci è sembrato quasi di aver visto un film, con location sempre differenti viste per così poco tempo da non venire mai a noia.

The Chant

L’ESTETICA NON È TUTTO

Da un punto di vista grafico, The Chant vanta alti e bassi. I modelli 3D e le animazioni non fanno gridare al miracolo, ma il colpo d’occhio generale ci ha convinti. Questo soprattutto quando il mondo reale viene contaminato da quello sovrannaturale, con scorci che riportano inevitabilmente la mente ai racconti di Lovecraft. Buono il design di alcune creature nemiche, a differenza di altre che purtroppo ci sono parse davvero pacchiane. Se cultisti con indosso teschi di cavalli toccano le corde giuste di questo tipo di storie, lo stesso non si può dire di insetti con il volto simile a quello dello Xenomorfo di Alien o lucertole aliene giganti. Avremmo preferito un po’ di coerenza in più.

Buono il comparto sonoro, che vanta persino un doppiaggio in italiano. Doppiaggio anche in questo caso altalenante per quanto riguarda i personaggi secondari, ma dalla buona recitazione su quelli principali.

The Chant non è un capolavoro, ma è un titolo più che dignitoso. L’atmosfera che si respira mentre si esplora Glory Island è senza dubbio unica, prendendo le distanze da qualsiasi altra produzione. Un tripudio di follia e carisma che, quando funziona, scalda davvero il cuore. Speriamo che gli sviluppatori facciano tesoro di questa esperienza e decidano di dare vita a un secondo capitolo più preciso sotto il profilo tecnico e a quello narrativo. Se amate i survival horror, The Chant potrebbe essere il titolo che state cercando.

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