The Bye Bye Man, la recensione
The Bye Bye Man è un film di paura pieno di incongruenze
C’è un’entità maligna che si palesa solo se si nomina, per farla fuori per sempre basta che il suo nome sia dimenticato e mai più pronunciato. Questo regolarmente non avviene perché qualcuno ha inciso quel nome nel fondo di un cassetto. L’entità stessa farà di tutto perché quel fondo sia scoperto (quindi l’entità ha un potere a prescindere dall’essere nominato ma limitato a quanto pare). Una volta pronunciato il nome Bye Bye Man (locuzione che facilmente può essere detta anche per altri motivi) il soggetto comincia a soffrire di allucinazioni, crede di vedere cose che non ci sono e quelle visioni lo spingono all’omicidio.
Il peggio di sé però The Bye Bye Man lo dà quando è il momento di spaventare (e quando si misura con effetti visivi basilari). Un paio di buone trovate come l’accappatoio appeso al muro, le porticine piccole della soffitta o gli occhi del cane che brillano nel buio annegano in un ritmo blando e addosso a personaggi le cui motivazioni, il cui compito e la cui missione non è mai così concreta da far percepire allo spettatore lo sforzo incredibile di sfuggire alla morte. Che poi è il cuore del cinema dell’orrore. Sono condannati e non è solo che lo sappiamo, lo vediamo nella poco voglia con cui si danno da fare.