The Buccaneers, la recensione

Rutilante affresco che riscrive l’Ottocento con l’occhio della Gen Z, The Buccaneers centra il bersaglio tra anacronismo e critica sociale

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La recensione di The Buccaneers, la nuova serie Apple TV+ tratta dal romanzo di Edith Wharton

Dramma d'epoca, mosaico di vibrante modernità contrapposto alla rigidità color seppia dell'Inghilterra vittoriana, The Buccaneers dipinge le sue eroine come fari luminosi di cambiamento in una società immersa nella tradizione. L’arazzo sgargiante della serie Apple si dispiega all’occhio del pubblico col suo sfoggio di caleidoscopica giovinezza che trascende i confini del suo contesto storico. Siamo invitati a un ballo senza pretesa di filologia (come ben rimarcano i fantasiosi costumi di Giovanni Lipari e Kate Carin), un gran valzer di parole e abiti che assume toni rutilanti da discoteca.

Nel crepuscolo di un'epoca densa di sussurri pettegoli, The Buccaneers intesse i fili dorati della sfrontatezza giovanile e il pesante velluto di un contesto tradizionalista. La storia di cinque audaci ragazze americane, affacciatesi all’età adulta e alle acque insidiose dell'alta società londinese, cela tra le sottogonne cangianti un romanzo di ribellione. Le protagoniste della serie sono crociati anacronistici, armate di arguzia e volontà in un mondo che pretende il loro silenzio.

Cuori ribelli

Pur indulgendo nell'opulenza della sua ambientazione, The Buccaneers giustappone i vincoli del corsetto con lo spirito selvaggio dei suoi personaggi principali, incarnando l'essenza di una ballata pop avvolta in abiti vittoriani. Del romanzo incompiuto di Edith Wharton resta più di quanto si potrebbe immaginare, sebbene il filtro contemporaneo al sapor di TikTok possa porre talvolta troppo in ombra la malinconica essenza dell’opera originale.

L’avventura delle cinque protagoniste diviene, al di là delle romance più zuccherose, una parabola di autoaffermazione, consapevole pretesa di rispetto da parte di un mondo che le vorrebbe domate e sorridenti. La loro innocenza è al tempo stesso la loro armatura e il loro tallone d'Achille, scintillante dei sogni del Nuovo Mondo e malvisto dalle cariatidi del Vecchio. Kristine Frøseth, nei panni della protagonista “che non dovrebbe esser protagonista” Nan brilla con l'iridescenza della vitalità giovanile. Il suo personaggio è un fiore tra le spine, una ribelle silenziosa in una società che ascolta ma raramente comprende.

Bellezza imperfetta

Purtroppo, non tutte le performance sono sintonizzate sullo stesso registro; a prescindere da qualsivoglia considerazione sul talento di questo o quell’interprete, è più la discordanza a disturbare talvolta la percezione dello spettatore, come se parte del cast fosse stata diretta secondo diverse linee guida rispetto a Nan. A livello di scrittura, al netto della prevedibilità di alcune svolte romantiche, la serie coglie nel segno quando si concentra sul rapporto tra le cinque protagoniste, tra solidarietà e tradimenti, accomunati dall’esigenza di far sentire la propria voce in un mondo sordo.

Sotto la superficie di abiti di seta e sorrisi dorati c'è un fremito di malcontento, una corrente sotterranea di critica sociale. The Buccaneers inciampa, a volte, con i fili della propria narrazione, intrecciando sensibilità moderne nel tessuto della sua ambientazione vittoriana. L’anacronismo rischia di sabotare la sospensione dell’incredulità, osando colorare fuori dalle linee del periodo storico, imprimendo alle sue eroine una chiarezza di pensiero da ventunesimo secolo che si scontra con la penombra irradiata a gas dell'era vittoriana.

Scontro tra mondi

Eppure, nei momenti di quiete, la serie trova la sua anima. Christina Hendricks nel ruolo della madre di Nan e Simone Kirby nei panni dell’istitutrice inglese Laura Testvalley incarnano perfettamente l'essenza dell'epoca, muovendo i loro personaggi in una sottile partita di scacchi giocata con sguardi e gesti. La loro padronanza del non detto è il perno di autenticità che ancora lo spettacolo all’ambientazione ottocentesca d’origine, in aperta contrapposizione con l’esuberanza spesso chiassosa delle giovanissime protagoniste.

La fotografia satura strizza l’occhio a tutti i più recenti affreschi adolescenziali televisivi, mentre la telecamera indugia sulle trine intricate delle reti sociali, catturando il divario netto tra antico e moderno. Le sontuose scenografie, con la loro fredda bellezza, sorvegliano in silenzioso giudizio le anime che vi si muovono, facendo eco al conflitto interno tra progresso e tradizione che la serie disseziona con acume.

In attesa del dessert

Che lo voglia o meno, The Buccaneers lascia il pubblico con un appetito non del tutto saziato. Ci sono rapporti che vogliamo vengano esplorati più a fondo (in primis quello tra Lizzy e Mabel), psicologie che meritano di essere raccontate ancora. Con il calare del sipario su un finale che potrebbe preludere a un prosieguo, The Buccaneers ci lascia alla deriva nell'incandescenza del suo turbine narrativo.

Pur nella scia del fenomeno Bridgerton, la serie di Katherine Jakeways spinge con più violenza sul pedale della contemporaneità, preoccupandosi di creare una solida struttura emozionale sotto la superficie. Con tutte le sue pur innegabili sbavature, riflesso dell’ imperfezione delle sue protagoniste, The Buccaneers è un adattamento accattivante e acuto, che illumina un mondo potenzialmente polveroso e vetusto con il calore del cambiamento e la luce fresca della gioventù.

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