The Brink 1x01 "Pilot": la recensione

Satira sulla politica estera americana in The Brink, la nuova serie della HBO con Tim Robbins e Jack Black

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Per i primi dieci minuti The Brink rischia di essere seriamente destabilizzante per lo spettatore. D'altra parte la nuova dramedy (ma sarà giusto definirla così?) trasmessa dalla HBO si svolge in un contesto molto particolare, più o meno trattato dalla televisione recente (Homeland), ma raramente con un approccio così irriverente, con più di un attore noto, ma con una vicenda notevolmente più complessa di quanto il genere richiederebbe. Insomma, non è affatto facile ambientarsi nella serie creata dai fratelli Benabib. Per fortuna si tratta di un pilot in crescita, dal tono parecchio strano, ma che riesce a lanciare qualche frecciatina alla politica estera americana, scadendo nella demenzialità triviale a più riprese. Probabilmente un prodotto per pochi.

Siamo in Pakistan. Un'escalation di violenza nel Paese conduce ad un colpo di Stato guidato dallo schizofrenico generale Umair Zaman, deciso a minacciare l'occidente e a spazzare via Israele. Questa crisi geopolitica viene raccontata attraverso tre personaggi. C'è il Segretario di Stato Walter Larson (Tim Robbins), che non sa nulla della situazione in Medio Oriente, diviso tra le prostitute nel tempo libero e il menefreghismo quasi totale sul lavoro. C'è il funzionario Alex Tablot (Jack Black), anche lui parecchio ignorante sul costumi e sulle condizioni locali, interessato principalmente a fare carriera. E infine c'è il pilota Zeke Tilson (Pablo Schreiber), fornitore non ufficiale di medicine e pornografia a bordo della nave in cui si trova, almeno quando non è impegnato a tradire la moglie.

Insomma, un bel gruppo di soggettoni che per qualche improbabile motivo si trovano ognuno in una posizione determinante allo scoppio della crisi. Il personaggio di Jack Black ad un certo punto esclamerà: "Well, the world is run by assholes, my friend. Don't underestimate the assholes". E l'idea di fondo di questa satira politica è proprio quella di mostrare il dietro le quinte di uno scenario di crisi internazionale prendendo di mira le istituzioni e soprattutto le persone al loro interno. Quindi, nonostante il genere, il network e la politica nel mezzo, non siamo tanto vicini a Veep quanto a qualcosa a metà strada fra Il Dottor Stranamore e le due opere per la tv di Joe Dante La Seconda Guerra Civile Americana e Homecoming, quest'ultimo tra gli episodi più riusciti di Masters of Horror.

Succede tanto in questo pilot, e la messa in scena è sorprendentemente grande per una serie di questo genere. Certo, non può esistere né tensione né vero coinvolgimento nella vicenda. Solo una raffica di battute a volte capaci di strappare un sorriso, soprattutto dopo che si è entrati in sintonia con lo show, altre volte troppo demenziali e forzate nel loro dover prendere di mira la politica estera americana (alla decima battuta su come gli States siano inadeguati e ignoranti sul fronte estero iniziamo a sperare in qualcosa di diverso). La satira ha tempi più brevi, vive di frecciatine immediate e crudeli. Può sostenere un film (il recente The Interview, tanto per citare un titolo di cui si è parlato molto), ma forse è più difficile che riesca a reggere per un'intera stagione.

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