The Boys (stagione 3): la recensione dei primi tre episodi

Senza un minimo di flessione The Boys è una delle poche serie che riesce a dare l'impressione di essere nella sua fase di crescita ancora alla terza stagione

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione dei primi 3 episodi della terza stagione di The Boys, su Amazon Prime Video dal 3 giugno

The Boys è la sua botta. Quello uno degli elementi che caratterizzano la serie: la sua capacità di dare una botta agli spettatori (quello che le serie tv degli anni 2000 facevano sempre e che da anni non capita più). Nel momento in cui non ci riuscirà più, in cui li avrà anestetizzati alla violenza e alla bassezza, avrà finito di avere un senso. Quel momento però non è ancora arrivato.

La terza stagione è in totale continuità con le altre due e il primo episodio attacca con un grande idea che lo riaggancia all’inizio, al pilot, con un gioco sessuale realizzato sfruttando dei poteri, chiuso dalla più classica esplosione di sangue e carne nello stile della serie, il cui look visivo è dato più che altro dagli effetti visivi, realizzati per lavorare in armonia con gli effetti sonori puntando sulla fragilità dei corpi normali. La misura della densità e dell’infrangibilità dei corpi super è data sempre dall’opposto, dalla facilità con cui i corpi dei non super sì sbriciolano, si aprono o esplodono, con un suono morbido come quello di una tartare al coltello che viene mischiata, finendo in pezzi addosso a tutti.

Un inizio stagione all'insegna della continuità

Senza perdere un colpo non c’è bisogno di nessuna nuova introduzione (solo di un po' di camei, sorprese e ritorni particolari per attirare l'attenzione) e rientriamo là dove avevamo lasciato anche se è passato un anno e la situazione si è stabilizzata, non c’è più una guerra tra i Boys e i super, tutto è tranquillo ma sotto sotto ribolle qualcosa. Specialmente dentro Patriota, tenuto in scacco, fermo, bloccato nei suoi desideri di centralità e superiorità, massacrato dalla fine che ha fatto Stormfront. Per i primi due episodi lo guardiamo accumulare tensione in attesa che sì spezzi come un ramoscello. Accade alla fine del secondo episodio e, ancora una volta in grande continuità, prosegue il discorso sulla manipolazione delle persone attraverso i media.

the boys terza stagione

Se qualcosa è stato aggiustato nella serie è stata un’enfasi maggiore sul discorso mediatico. Avevamo visto i film e le serie di film, ma ora ancora di più vediamo i prodotti minori (e per questo più esilaranti) come Not Without My Dolphin, serie di quart’ordine per il canale V tv for Women o lo special televisivo per il compleanno di Patriota o ancora il talent show per nuovi membri dei 7, fatto malissimo ovviamente, e cruciale per la trama. Sono serie e programmi pensati per essere identici ai nostri, quelli reali, come del resto già erano i finti film, e questo perché in questa serie l’audiovisivo mente sempre. La tv, il cinema e internet portano menzogne, cambiano la realtà, la trasformano in propaganda.

L'uso della propaganda al centro della narrazione

E la propaganda è il vero punto di questa serie. Come le figure peggiori possibili e immaginabili, le più pericolose e mentalmente instabili sono trasformate in eroi dai media. Come ogni loro malefatta, ogni omicidio volontario o no, sia ribaltato, nascosto o attutito dai media. E adesso che è stato toccato il fondo (un membro spacciato per eroe è stato svergognato mediaticamente e svelato per la nazista che è) la serie mette in scena il risvolto della medaglia. Da sempre i 7 sono stati classicamente i cattivi che si fingono buoni davanti alle videocamere, adesso il discorso comincia ad essere l’opposto: quando cavalcare il politicamente scorretto sia esso stesso un mezzo di raccolta consensi, forse anche più potente.

the boys 3

Patriota, che all’inizio incontriamo marginalizzato, demotivato e depresso, tanto quanto Butcher, con lui si incontra pacificamente. Lì capiamo come siano due facce della stessa medaglia, che non hanno un senso nella loro vita senza il loro conflitto. Il loro incontro però certifica anche che la Vought è diventato il terzo polo, un villain anche per i villain tradizionali. In tre episodi questo personaggio trova un nuovo senso nella sua vita e rilancia la sua allegoria originale (almeno nell’incarnazione seriale): Donald Trump. Il massimo del potere immaginabile affidato alla persona peggiore possibile. E al pari di Trump adesso comincia a cavalcare una retorica diversa, quella che funziona moltissimo con una certa America: sboccata, cinica, unapologetic.

Non capita di frequente che una serie alla terza stagione sia ancora così coerente e fedele ai suoi principi, pur essendo finita, con la trama, da tutte altre parti. Molti personaggi hanno rivisto i propri presupposti, tanti altri non fanno più quel che facevano all’inizio, per The Boys ha ancora lo spirito iniziale e non ha fatto che rilanciare su quello invece che ripetere per stufare. L’impressione insomma è che il racconto sia ancora nella parte di curva in ascesa e debba raggiungere il suo apice.

Siete d'accordo con la nostra recensione dei primi episodi della terza stagione di The Boys? Scrivetecelo nei commenti

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