The Affair 3x10 "310" (season finale): la recensione

The Affair conclude la sua terza stagione nel modo più inaspettato: la recensione dell'episodio

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Spoiler Alert
Difficile pensare a cosa potesse raccontare questo finale di stagione, praticamente impossibile prevedere che sarebbe stato incentrato su ciò che abbiamo visto. Posticipando qualunque tipo di valutazione positiva o negativa, almeno per il momento, The Affair si congeda dal suo pubblico con un finale spiazzante per i contenuti proposti, diametralmente opposto a quello dell'anno scorso. Si tratta ormai di una serie diversa da ciò che era stata nei primi due anni, ormai avviata verso un nuovo corso, con nuove nuove tensioni, addirittura nuovi personaggi che si prendono la luce dei riflettori. La serie di Showtime riesce a trovare nei singoli momenti, nei singoli drammi un valore aggiunto ad un affresco umano sempre più dispersivo.

Quindi per un finale come quello dello scorso anno che riallacciava presente e passato, raccontando da una prospettiva oltremodo differenziata, e che così diventava oggettiva, l'omicidio, quest'anno The Affair racconta qualcosa di completamente diverso. Lontani nel tempo e nello spazio, voliamo a Parigi mesi dopo il tracollo mentale di Noah, e non ce ne andremo se non negli ultimi cinque minuti. La prima parte dell'episodio tra l'altro è dedicata a Juliette, e già questa precisa scelta dovrebbe emblematicamente rappresentare la precisa volontà di svincolarsi da tutte le classiche logiche da finale di stagione. Avevamo visto la donna francese protagonista in un'altra occasione: ben poco per giustificare una scelta del genere.

Comunque sia, la seguiamo in quella che appare come una delle peggiori giornate della sua vita. Il biasimo aperto delle conoscenti per la sua storia con Noah, il profondo senso di colpa per la ricerca di un pezzo di felicità, la malattia del marito Etienne e infine la sua scomparsa improvvisa, la sfuriata della figlia, un licenziamento quasi sicuro. Drammi su drammi che si schiacciano, sommandosi e scivolando l'uno nell'altro fino a far quasi scomparire i contorni, come se questa cappa grigia e malinconica diventasse il sottofondo di una vita. E d'altra parte Juliette vive in maniera diversa il dolore rispetto ai personaggi che abbiamo visto, quasi più passivamente e stoicamente rispetto ad un Noah o ad una Alison.

Ciò non significa che il suo percorso sia così lontano da quello di altri protagonisti, e il suo vissuto personale di genitrice è senz'altro un punto in comune. Eppure rimane sempre questa idea di artificiosità nel voler inserire a cammino inoltrato un nuovo personaggio nel nucleo fondamentale di una storia che, per certi versi, quel nucleo lo ha già sviscerato e superato. E questa è una delle caratteristiche che tornano anche nel secondo segmento, dedicato appunto a Noah. Per certi versi una parentesi che va a chiudere più discorsi di quanti ne apre, anche a costo di qualche evidente forzatura nella scrittura.

Prima fra tutte, la prodigiosa ripresa di un protagonista che abbiamo visto star davvero male per una stagione intera. Che Noah sia passato attraverso un percorso di confronto con se stesso e con le persone che gli stavano intorno, perfino con i suoi presunti aguzzini, è vero, ma è anche vero che nulla lasciava intendere una ripresa così netta e in così poco tempo. Potere dell'amore, anche se Noah per il momento non vuole chiamarlo così. L'idea di metterlo vicino a un personaggio così diverso sia da Helen che da Alison funziona, e i due non sarebbero nemmeno una brutta coppia dopo tutto.

A quel punto il confronto con Whitney, che si prende pure un momento di riscatto personale ai nostri occhi, diciamo un barlume di empatia dopo essere stata per anni il personaggio più detestabile dello show, ci può anche stare nell'ottica vista sopra. Un ottica di chiusura e riappacificazione, che passa dalla confessione dei propri peccati (Noah capisce di essere una variazione di quegli uomini pericolosi verso i quali è attratta Whitney) e un saluto finale, quasi da carola di Natale dato anche il periodo, con il figlio e addirittura Helen. Lo sguardo finale si chiude su una domanda che rimane senza risposta, ma nulla che si possa definire come un cliffhanger, a meno che malignamente non volessimo chiederci quale sarà il prossimo modo in cui Noah penserà a rovinarsi l'esistenza, ora che ha un minimo di serenità.

Questo, che ce lo aspettassimo o meno, è stato il finale di stagione di The Affair. La serie, confermata per un quarto anno, ha raggiunto e superato con il finale della seconda stagione il conflitto principale che la muoveva (e giustificava?). In dieci episodi abbiamo visto un epilogo che continuamente tendeva a staccarsi per costruire qualcosa di proprio, rimanendo ancorato al passato per traumi e contenuti, anche in questo finale di stagione. Ciò che è accaduto, con le nostre scelte in proposito, rimane sempre lì, anche a sipario calato, anche quando le storie finiscono. Sperando che la quarta stagione riesca a rinnovare l'interesse nello sguardo a delle vite che sempre più vanno avanti.

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