The Act: la recensione

La recensione di The Act, la miniserie di Hulu che racconta un incredibile caso di cronaca nera: nel cast Joey King e Patricia Arquette

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The Act racconta una di quelle storie vere incredibili, fatti di cronaca nera che partono da premesse sconvolgenti. Evidentemente è tutto molto romanzato, come ci ricordano le scritte al termine di ogni puntata, ma la vicenda alla base ha qualcosa del thriller più puro e malsano. La storia di Dee Dee e Gypsy Blanchard, già oggetto di documentari e film, diventa allora una miniserie prodotta da Hulu. Le interpretazioni magnetiche di Joey King e Patricia Arquette sostengono un racconto, che si dipana in otto episodi tra momenti di pura violenza visiva e mentale, in cui pietà, condanna e rabbia si fondono e confondono.

Dee Dee Blanchard (Patricia Arquette) e sua figlia Gypsy (Joey King), presentata come disabile, si trasferiscono in una nuova casa dopo che la loro è stata distrutta dall'uragano Katrina. La madre, iperprotettiva nei confronti della figlia, soffre in realtà di una Sindrome di Munchausen per procura, che la porta a proiettare sulla figlia uno stato di malessere continuo e grave. In realtà Gypsy, fisicamente sana, subisce le ferite della situazione ad un livello inconscio, bloccata in uno stato di totale dipendenza, un limbo fanciullesco e ingenuo che contrasta le pulsioni della sua crescita.

Da una sedia a rotelle di cui non ha bisogno, Gypsy osserva il mondo fuori dalla finestra, invidia i baci scambiati dalla sua vicina Lacey (AnnaSophia Robb), sogna un mondo che non esiste, incapace com'è a decifrare quello che ha di fronte. La violenza e le passioni del mondo, filtrate attraverso una mente che non è in grado di comprenderle, assumono i contorni di una fantasia disneyana. Tutti questi desideri insopprimibili vengono incanalati in spazi nascosti della mente di Gypsy, dove soffocano, sbuffano, cercano un modo per uscire. Non possono più essere trattenuti, e aprono la porta alla violenza e ad un percorso di autodistruzione.

In realtà la serie, trattando di un caso di cronaca vera, anticipa se stessa e svela il finale della storia in un gioco a incastro. Passato e presente si confondono, si avvicinano, c'è una breve parentesi nel passato che svela l'inizio del comportamento malsano di Dee Dee, ma tutto viene ricondotto allo sguardo perduto e sognante di Gypsy. Joey King incarna con una naturalezza encomiabile le sfumature del suo personaggio, ne assume la postura curva, la voce stridula: grandi occhi da bambina, vestiti dai colori sgargianti che costringono in un involucro il suo corpo di donna (la madre mente sulla sua data di nascita).

I cartoni animati sulle principesse mandati a ripetizione in tv, i mille peluche che riempiono la camera di Gypsy: ogni cosa nella messa in scena, soprattutto durante le prime puntate, serve a costruire un senso di fastidio latente e opprimente. Dal punto di vista del puro adattamento della vicenda per il formato seriale, The Act trova allora la formula vincente, quella che le consente di espandere su otto episodi una vicenda che poteva essere raccontata in un film. Ci riesce nel contrasto sempre più insostenibile tra il freno malsano che Dee Dee cerca di applicare, e la spaccatura che ciò crea nella vulnerabile mente di Gypsy, che comprende la propria situazione, ma non riesce a elaborarla.

Patricia Arquette offre un'interpretazione complementare rispetto a quella di Joey King, un'altra grande prova – più sottile senza dubbio – rispetto a quella vista in Escape at Dannemora. Completano il cast Chloë Sevigny, stavolta in un ruolo più misurato che le permette di osservare da esterna le problematiche altrui, e Calum Worthy, che interpreta un personaggio che si rivela fondamentale per l'intreccio. Non fosse "una storia vera" – ma la persone raccontate dalla vicenda hanno contestato la rappresentazione fornita – The Act sarebbe assimilabile ad altri racconti di paranoia e violenza domestica come Che fine ha fatto Baby Jane? o Sharp Objects. Ne riprende e amplia l'idea di orrore domestico, i toni da fiaba dark, le "principesse" intrappolate nel loro castello, ferite nell'anima e nel corpo.

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