The Act: la recensione
La recensione di The Act, la miniserie di Hulu che racconta un incredibile caso di cronaca nera: nel cast Joey King e Patricia Arquette
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Dee Dee Blanchard (Patricia Arquette) e sua figlia Gypsy (Joey King), presentata come disabile, si trasferiscono in una nuova casa dopo che la loro è stata distrutta dall'uragano Katrina. La madre, iperprotettiva nei confronti della figlia, soffre in realtà di una Sindrome di Munchausen per procura, che la porta a proiettare sulla figlia uno stato di malessere continuo e grave. In realtà Gypsy, fisicamente sana, subisce le ferite della situazione ad un livello inconscio, bloccata in uno stato di totale dipendenza, un limbo fanciullesco e ingenuo che contrasta le pulsioni della sua crescita.
In realtà la serie, trattando di un caso di cronaca vera, anticipa se stessa e svela il finale della storia in un gioco a incastro. Passato e presente si confondono, si avvicinano, c'è una breve parentesi nel passato che svela l'inizio del comportamento malsano di Dee Dee, ma tutto viene ricondotto allo sguardo perduto e sognante di Gypsy. Joey King incarna con una naturalezza encomiabile le sfumature del suo personaggio, ne assume la postura curva, la voce stridula: grandi occhi da bambina, vestiti dai colori sgargianti che costringono in un involucro il suo corpo di donna (la madre mente sulla sua data di nascita).
Patricia Arquette offre un'interpretazione complementare rispetto a quella di Joey King, un'altra grande prova – più sottile senza dubbio – rispetto a quella vista in Escape at Dannemora. Completano il cast Chloë Sevigny, stavolta in un ruolo più misurato che le permette di osservare da esterna le problematiche altrui, e Calum Worthy, che interpreta un personaggio che si rivela fondamentale per l'intreccio. Non fosse "una storia vera" – ma la persone raccontate dalla vicenda hanno contestato la rappresentazione fornita – The Act sarebbe assimilabile ad altri racconti di paranoia e violenza domestica come Che fine ha fatto Baby Jane? o Sharp Objects. Ne riprende e amplia l'idea di orrore domestico, i toni da fiaba dark, le "principesse" intrappolate nel loro castello, ferite nell'anima e nel corpo.