TFF36 - Unthinkable, la recensione

La Svezia è sotto attacco in Unthinkable, da un nemico concreto ma in modi che sono difficili da comprendere, peccato ci sia anche una storia sentimentale

Critico e giornalista cinematografico


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Ci vuole moltissimo tempo per iniziare a godere del meglio di Unthinkable. Bisogna aspettare che abbia disteso tutta la risibile storia del tenero Alex e del suo dramma familiare, introverso con padre manesco e madre in fuga, afflitto egli stesso da un conflitto che nessuno capisce e gli impedisce di fare passi avanti con la dolce ragazza del fiordo accanto. Bisogna aspettare che dopo il salto temporale ci sia mostrato cosa siano diventati i personaggi (lui un adulto di successo ma problematico) e che ci sia a quel punto anche presentato l’establishment svedese. A quel punto finalmente sì può iniziare ad avere un po’ di azione, l’unica parte sensata del film.

Se Unthinkable non avesse un’azione così ben diretta sarebbe davvero un disastro da deridere, invece un pugno di sequenzone appassionanti che ritraggono un paese allo sfascio, sotto attacco da non si riesce a capire cosa, creano la tensione che l’intreccio fa di tutto per smorzare. La gente sembra impazzire, ci sono dei soldati che non sono l’esercito svedese ed esplodono bombe in punti strategici, non è un’apocalisse, è un attacco ma qualcosa sta anche contagiando gli svedesi. Il mistero è tenuto molto bene purtroppo quando viene svelato è abbastanza deprimente, ma con il tipico salto carpiato dei film che macerano nel ridicolo l’ultimissimo svelamento sull’origine dei soldati avversari smaschera un fine politico così preciso e mirato da far passare dal ridicolo al quasi geniale.

Se solo questo film diretto dal collettivo Crazy Picture (nella persona di Victor Danell) non fosse così innamorato della sua maniera goffa di scrivere e dipingere le psicologie familiari sarebbe di certo più tollerabile, se solo avesse l’onestà di non impicciarsi di dinamiche che evidentemente non sa maneggiare potrebbe anche divertire davvero. Invece narrazione, idee di intreccio e la precisione nel metterle in scene sono a livello del cinema esteuropeo.

Un colossal non americano disposto a qualsiasi bassezza per scatenare un po’ d’empatia e guadagnarsi la sua parte sentimentale, completamente a disagio con l’ideazione di un trama alla fine non potrà che sfociare nel ridicolo per eccesso di determinazione nel non voler vedere la propria assurdità. Di accumulo in accumulo, nel finale Unthinkable riuscirà a far ridere involontariamente con ogni singola svolta e dismessa la parte di azione, risolto il conflitto bellico, gli rimarranno solo i suoi inutili personaggi con le loro ridicole bagatelle.

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