TFF36 - Ovunque Proteggimi, la recensione
Sempre dalla parte dei deboli, Ovunque Proteggimi fa il lavoro del cinema italiano con qualche idea americana
È lui con la sua storia di un uomo marginalizzato da un carattere spinoso, che trattenuto in un manicomio conosce una donna con problemi mentali con la quale trova una strana affinità. E nella loro fuga verso una vita possibile al di fuori dei limiti che gli impone la società (e la legge) incontrano un’altra faccia e un altro corpo fortissimi, quello del figlio per il quale lei è disposta a tutto. Fin da quando entra in scena esibisce una personalità fortissima, e il suo statuto di motore immobile (i servizi sociali gliel’hanno levato, lei imbastisce la fuga per recuperarlo e trovare come vivere con lui).
Per questo forse, nonostante Ovunque Proteggimi sia un film davvero coretto e ben fatto, la parte più sorprendente che dà al film un ultimo sussulto davvero convincente è quella finale in cui lo svolgimento ha una svolta americana. C’è una voglia di rivincita così forte e smaccata che non appartiene alla nostra tradizione e c’è un senso del sacrificio nella chiusa rocambolesca che manifesta bene (e con un filo di ruffianeria) la lotta contro un mondo intero. Ed è rinfrescante che Angius manifesti tutto ciò con un filo d’azione e una trovata non di parola o di sentimento ma di sacrificio. Invece che lavorare sull’intimità per comunicarla Ovunque proteggimi compie la scelta molto hollywoodiana di comunicarla con l’azione senza creare un contrasto ma anzi trovando punti di contatto inediti.