[TFF34] I Figli Della Notte, la recensione

Molto fiducioso nelle potenzialità delle proprie atmosfere, I Figli Della Notte sembra portare ogni scena e ogni svolta lì invece che costruire un intreccio

Critico e giornalista cinematografico


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“L’inferno sono gli altri” si chiamava un cortometraggio del 2007 di Andrea De Sica, e quella stessa massima di Sartre sembra possa essere applicata a I Figli Della Notte, in cui un ragazzo mandato in collegio da una famiglia abbiente si scontra con un microverso pensato per formare la classe dirigente del futuro a furia di nonnismo, privazioni, repressione e competizione. Lo sfogo naturale delle giornate arriva con il buio e con ciò che si fa di nascosto, dalle botte (silenziosamente avallate dalla direzione) al sesso consumato in una specie di casa di tolleranza tra i monti. Tutti sanno, nessuno parla, fino a che i non detti e i conflitti non hanno la meglio sulle menti meno malleabili.

Fin dalla scelta del soggetto Andrea De Sica, che il film l’ha anche scritto assieme a Mariano Di Nardo con la collaborazione di Gloria Malatesta, sceglie di lavorare in quello che sembra il campo in cui si muove meglio, le atmosfere. Sono infatti sue anche le musiche che lavorano spesso in armonia con la fotografia notturna per creare un mondo che non sia solo il paesaggio in cui si muovono i personaggi ma anche uno strumento per suggestionare lo spettatore. Purtroppo questo, che è il miglior pregio del film, diventa quasi subito il suo limite maggiore, perché I Figli Della Notte si affida quasi solo a questa soluzione con una frequenza e una ripetitività che non giovano al film.

Preoccupato eccessivamente di spiegare ogni svolta e ogni snodo, addirittura ogni piccola metafora (una lezione in classe sembra echeggiare quel che accade ai protagonisti e uno dei due lo risottolinea anche ad alta voce), l’esordio di Andrea De Sica non centra quasi mai le interpretazioni degli attori e stenta ad animare il suo intreccio. Di cose ne accadono nel film, ma sembra sempre che il fine sia sempre la creazione di ancora un’altra atmosfera, sembra sempre che ogni evento o svolta si risolva in un lento carrello, una panoramica con musica o un momento di riflessione muto. Ogni parvenza di interesse scompare annegato in un ritmo rarefatto senza che ci sia nulla a giustificarlo.

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