TFF 32 - Life after Beth, la recensione
Gli zombie escono dalle tombe, di nuovo, ma Life after Beth fa di tutto per essere originale, riuscendoci realmente solo nel finale. Basta?
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Gli zombie, forse ve ne sarete accorti, sono ovunque nel cinema degli ultimi anni. Sono nelle produzioni ad alto budget e sono in moltissime di quelle a basso. Life after Beth, dovendo scegliere, è nettamente più vicino alle seconde (ma ci sono John C. Reilly, Aubrey Plaza, Dean DeHaan e Anna Kendrick) e cerca disperatamente di affrontare la questione da un punto di vista sbilenco, diverso e particolare, cerca di raccontare una storia di cui abbiamo sentito già tantissime variazioni in una maniera ancora diversa, ancora nuova.
Il trucco non riesce sempre, per quanto Life after Beth sia comunque una delizia da guardare, si potrebbe anche avere un filo più di sprezzo nei suoi confronti non fosse per un finale davvero centrato in cui tutto quel che il film vuole essere per un momento si materializza davvero, in cui l'umorismo, la critica alle fissazioni delle fidanzate (le attività da fare insieme per forza, i posti da visitare per forza) e una forma onesta di emotività si fondono perfettamente.
È difficile dire se questo sia sufficiente, se davvero basti una gran chiusa a fare di un film carino un'opera riuscita, probabilmente ognuno ha una risposta diversa sulla questione. Di certo Life after Beth merita una possibilità.
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Per farlo fa appello all'umorismo e al sentimentalismo del lutto non elaborato. Questa volta il morto che ritorna è la fidanzata del protagonista, il quale, per nulla pronto al decesso, è dapprima esaltato dal ritorno, poi al peggiorare del suo stato fisico e al presentarsi dei sintomi di zombismo è sempre meno convinto mentre i genitori di lei continuano a fare finta di nulla e autoconvincersi che in fondo è tutto a posto, che invece che essere uno zombie la figlia è solo risorta (questo dei genitori edulcoratori è un tema che contamina anche la famiglia di lui e forse in maniera più cattiva e centrata).
È difficile dire se questo sia sufficiente, se davvero basti una gran chiusa a fare di un film carino un'opera riuscita, probabilmente ognuno ha una risposta diversa sulla questione. Di certo Life after Beth merita una possibilità.