TFF 35 - Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro, la recensione
Così fasullo nella sua messa in scena ma anche così capace di rendere il clima sovietico, Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro è tanto esilarante quanto realistico
Significa che ogni storia può o non può essere messa in commedia, a seconda di come la si guarda o di cosa si sottolinea di essa. Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro ha il rarissimo pregio di riuscire a convincere lo spettatore che quegli eventi, quella trama, quei personaggi e il particolare clima raccontato, possano essere resi e messi in scena nel loro “realismo” esclusivamente con la commedia. L’idea cioè che un certo contesto, tragico, possa essere capito davvero solo a partire dal suo ridicolo. La cosa è tanto più clamorosa quanto più si considera che il film racconta un fatto storico deformandolo (ma non troppo, a detta del regista) per esigenze sceniche, e dovendo necessariamente inventare tutti i dialoghi e le singole scene che nessuno ha mai raccontato.
Senza nessun problema di aderenza alla realtà i personaggi parlano tutti in inglese, si muovono da inglesi e usano espressioni idiomatiche, Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro è ben al di là delle questioni di verosimiglianza.
Ragionando in questa maniera Armando Iannucci (nome italiano ma nazionalità britannica con curriculum invidiabile nella commedia radiofonica e televisiva) evita ogni sudditanza e si permette di scherzare con le stragi di massa, di mostrare un disprezzo per la vita a tratti realmente esilarante e una strana atmosfera a metà tra la rilassatezza della compagnia di amici e la violenza della scalata al potere. Come se complottare, tramare e condannare quelli che fino a 5 minuti prima erano amici, fosse un atteggiamento talmente radicato da non essere più faticoso o “grave”, ma molto naturale e di routine.
In questo modo, buttando in farsa la vera storia, Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro è il primo film a rendere con concreta impressione di realismo il clima paradossale della burocrazia violenta del comitato centrale del partito comunista sovietico, gli scambi di parole pensati per non essere accusati di tradimento, i termini da non usare, l’ossessione delle cimici, la paradossale fatica nel tenere a mente chi è ancora vivo e chi è stato eliminato e una strana via di mezzo tra la bramosia di potere e l’esigenza di emergere per rimanere vivi.