TFF 35 - Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro, la recensione

Così fasullo nella sua messa in scena ma anche così capace di rendere il clima sovietico, Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro è tanto esilarante quanto realistico

Critico e giornalista cinematografico


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La commedia non è un genere di storie, è un tono con cui diverse storie possono essere raccontate.

Significa che ogni storia può o non può essere messa in commedia, a seconda di come la si guarda o di cosa si sottolinea di essa. Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro ha il rarissimo pregio di riuscire a convincere lo spettatore che quegli eventi, quella trama, quei personaggi e il particolare clima raccontato, possano essere resi e messi in scena nel loro “realismo” esclusivamente con la commedia. L’idea cioè che un certo contesto, tragico, possa essere capito davvero solo a partire dal suo ridicolo. La cosa è tanto più clamorosa quanto più si considera che il film racconta un fatto storico deformandolo (ma non troppo, a detta del regista) per esigenze sceniche, e dovendo necessariamente inventare tutti i dialoghi e le singole scene che nessuno ha mai raccontato.

Si tratta delle 48 ore circa intorno alla morte di Stalin, cosa accadde quando il comitato centrale del partito comunista composto da Lavrentij Pavlovič Berija, Georgij Malenkov, Lazar Kaganovič, Vjačeslav Molotov, Nikolai Bulganin e Nikita Chruščëv lo trovarono per terra nel suo ufficio e soprattutto come lottarono, immediatamente, per la successione. Oltre a questo il film (che adatta l'omonima graphic novel) spazia e, forzando tempi e date, riesce anche a raccontare il contesto di purghe, epurazioni, liste di persone da uccidere e timore di morte di ogni singolo cittadino.
Senza nessun problema di aderenza alla realtà i personaggi parlano tutti in inglese, si muovono da inglesi e usano espressioni idiomatiche, Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro è ben al di là delle questioni di verosimiglianza.

Ragionando in questa maniera Armando Iannucci (nome italiano ma nazionalità britannica con curriculum invidiabile nella commedia radiofonica e televisiva) evita ogni sudditanza e si permette di scherzare con le stragi di massa, di mostrare un disprezzo per la vita a tratti realmente esilarante e una strana atmosfera a metà tra la rilassatezza della compagnia di amici e la violenza della scalata al potere. Come se complottare, tramare e condannare quelli che fino a 5 minuti prima erano amici, fosse un atteggiamento talmente radicato da non essere più faticoso o “grave”, ma molto naturale e di routine.

Iannucci è magistrale nell’usare tutte le parti dell’inquadratura per giustificare una battuta, sa costruire situazioni puramente lubitschane (quella iniziale del concerto di classica ne è un esempio perfetto) ed è bravissimo ad istruire il suo cast di attori, creare i presupposti comici e lasciare che i personaggi si scannino a partire da questi, sapendo che non si potrà che finire in una situazione esilarante anche grazie alla presenza di Jeffrey Tambor, Steve Buscemi, Jason Isaacs, Michael Palin e Simon Russell Beale.

In questo modo, buttando in farsa la vera storia, Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro è il primo film a rendere con concreta impressione di realismo il clima paradossale della burocrazia violenta del comitato centrale del partito comunista sovietico, gli scambi di parole pensati per non essere accusati di tradimento, i termini da non usare, l’ossessione delle cimici, la paradossale fatica nel tenere a mente chi è ancora vivo e chi è stato eliminato e una strana via di mezzo tra la bramosia di potere e l’esigenza di emergere per rimanere vivi.

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