TFF 35 - Don't Forget Me, la recensione
La più facile delle trappole è quella in cui cade Don't Forget Me, la tenerezza insistita e la ruffianeria verso la salute psichica dei suoi protagonisti
Nella storia un ragazzo che suona o dice di suonare il basso tuba, sembra avere un aggancio con un vecchio compagno di scuola per entrare nella sua band. Intanto una ragazza che risiede in una clinica per disturbi alimentari tira avanti in una quotidianità terribile, assieme ad altre ragazze come lei ossessionate dal non mangiare ed essere magre o dotate del problema opposto, incredibilmente sovrappeso. Si incontrano nel momento in cui il primo accompagna il suo amico di successo (con la sua ragazza modella) nell’ospedale della seconda. Come se si riconoscessero tra i due scatta qualcosa e lei usa la sua attrattiva su di lui per agganciarlo con un rapido amplesso e insieme scappare. Il resto è un declino quasi scontato, vissuto con uno stupido sorriso stampato in faccia e una quantità gigante di tenerezza.
I due non troveranno un aiuto nei genitori di lei (che non ne vogliono sapere di tenerla fuori dall’ospedale), né tantomeno nell’amico musicista (che come prevedibile non ne vuole sapere di inserirlo nella sua band pronta a partire in tournée). Troveranno conforto solo nell’uso del corpo e di nuovo, qui, quando tangenzialmente torna ad affrontare il problema alimentare raccontando la fierezza che lei ha del suo corpo, come si faccia toccare e voglia essere concepita come oggetto sessuale, Don’t Forget Me diventa un buon film, ma sono sprazzi in un oceano di pietismo.