TFF 35 - Amori Che Non Sanno Stare Al Mondo, la recensione

Costruito in maniera atemporale per dare conto con confusione del caos dei sentimenti e delle situazioni umane, Amori Che Non Sanno Stare Al Mondo delude

Critico e giornalista cinematografico


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C’è una girandola di storie d’amore più o meno felici in Amori Che Non Sanno Stare Al Mondo, che già dal titolo non ne nasconde lo statuto. Una storia fa da cardine, sboccia da un litigio accademico durante un convegno, dunque nasce già nel segno del contrasto, e da essa ne nasceranno le altre, alcune sbilanciate per età altre ancora omosessuali. Tutte però hanno la caratteristica dell’essere imprevedibili, esplodono e sono complesse da gestire, oppure si rivelano inaspettatamente semplici, come se non ci potesse essere nessuna forma di regola o prevedibilità, ma solo un regno caotico di sentimenti traditi, attesi, urlati e sofferti.

Ci sono tre donne (Francesca Comencini, Francesca Manieri e Laura Paolucci) a sceneggiare la storia che viene dall’omonimo libro scritto da Francesca Comencini, che poi è anche la regista del film, e Amori Che Non Sanno Stare Al Mondo non vuole mai nascondere questo suo punto di vista femminile, anzi usa la prospettiva per ribaltare equilibri e dinamiche di potere. Là dove spesso il cinema italiano racconta le sofferenze maschili in storie d’amore in cui le donne sembrano avere tutto il potere, qui è una donna il vero personaggio principale, l’unica di cui seguiamo davvero le paturnie indotte da una storia travolgente con un uomo che non sembra tenere ad un legame serio come lei.

Se l’ambizione di mettere in scena il dolore sentimentale puro, con un intreccio molto basilare e totalmente al servizio di questa rappresentazione, è già di suo abbastanza difficile, il film aggiunge difficoltà a difficoltà con un andamento spezzettato in cui tramite il quale vediamo momenti diversi della storia tra Claudia e Flavio senza un preciso orgine temporale (come in 500 Giorni Insieme). Iniziamo con una scena dopo la fine dell’amore, poi una relativa a quando si sono sconosciuti, poi parti in mezzo, di nuovo la fine e via dicendo. Come se per raccontare il caos sentimentale si dovesse passare per un caos (apparente) della messa in scena.

Ma il risultato finale è tutt’altro che empatico, comprensivo, attraente o coinvolgente. Anzi! Il vero difetto di questo film di Francesca Comencini è proprio che fallisce il suo primo obiettivo: raccontare la complessa imprevedibilità delle vite e dei sentimenti. Non solo trascura tutti i personaggi che non sono la protagonista, ma anche con lei, con la sua maniera furiosa e istintiva di vivere i rapporti non riesce davvero a creare quella tempesta emotiva che invece desidererebbe fare. L’antipatia naturale del personaggio non aiuta di certo, ma è soprattutto la scelta di evitare la scansione narrativa canonica, preferendo un mosaico di situazioni che obbliga il film all’eccellenza per poter funzionare, a condannarlo.

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