[TFF 34] Slam - Tutto Per Una Ragazza, la recensione
Commedia adolescenziale con evoluzione adulta, Slam - Tutto Per Una Ragazza è un perfetto mix di complessità e leggerezza, cinismo e sentimento
Samuele è malato di skateboard e Alice è una ragazza che fallisce tutto quello che inizia, hanno 16 anni, si incontrano in una festa a cui nessuno dei due vuole stare e finiscono (quasi) subito a letto. Sfacciati e impacciati, cotto (lui) e insicura (lei), entrambi sono determinati a fingere il contrario per trovare il conforto del sesso e dell'amore. Si innamorano e si amano in un rapido montaggio a cui manca solo lo skate e che infatti finisce con Samuele che sente la mancanza del proprio piccolo mondo. Lui è ordinariamente scemo, il film ha la grazia di non nascondercelo mai e il coraggio di non temerlo (anzi pare proprio innamorato di questa sua caratteristica), l'unica cosa che Sam ha in testa è lo skate. Non solo lo pratica ma sa a memoria la biografia del campione Tony Hawk (la cui vita usa come riferimento per la propria, in una trovata semplice ma dannatamente centrata). Il cinema adolescenziale, a farlo bene, è tutto qua.
Quando per vigliaccheria pura Samuele decide di troncare unilateralmente e semplicemente scompare dalla vita di Alice, si fa negare, non la chiama né risponde ai messaggi, Slam entra nel vivo e necessariamente cambia, perché lei si scopre incinta.
Non c’è niente di usuale in questo film tratto dal libro di Nick Hornby e adattato da Francesco Bruni, Ludovica Rampoldi e Andrea Molaioli (che l’ha anche diretto). La storia di due ragazzi che con una certa avventatezza e molta stupidità vogliono a tutti i costi tenere il bambino è un piccolo saggio di come sia possibile parlare ad un pubblico vasto (per tipologia, interessi ed età) senza abbassare tutto al minimo comun denominatore. E il confronto con il pur riuscito Piuma, evidente per la comunanza di tema e idea di personaggi, lo vede vincere con molto meno abuso di commedia (si ride ma meno fragorosamente che in Piuma) e molta più empatia verso scelte, vicissitudini e idiozie di personaggi con cui è difficile concordare ma a cui è impossibile non voler bene, visto come sono guardati e narrati.
Non è chiaro infatti chi sia il pubblico di Slam, se i ragazzi, a cui si rivolge con quella prima parte così perfettamente calata nei luoghi comuni del cinema adolescenziale, nella sua ingenuità e nel suo umorismo scemo, oppure i più adulti, a cui parla con l’evoluzione della trama. Di fatto però la maniera in cui rifiuta ogni discorso elevato, trovando nella complessità di ogni essere umano la propria serietà (incredibile Jasmine Trinca, madre al tempo stesso amorevole e snaturata) lo rendono universale. Soprattutto lavorando benissimo con il cast di contorno (ci sono anche un Luca Marinelli e un Pietro Ragusa in gran forma) ha quel sapore al tempo stesso cinico e sentimentale che per la durata del film ci dà l’illusione di poter afferrare la complessità della realtà.