TFF 32 - It follows, la recensione
Horror che un po' si vergogna dei propri elementi di base e aspira ad essere cinema d'autore senza mai riuscirci davvero. It follows è una delusione cocente
David Robert Mitchell ha intenzione di girare un horror sofisticato e intellettuale, non manca nessuna occasione di giocare con l'idea della persecuzione e inventa mille soluzioni visive che usino il contrasto tra primo piano e sfondo, tra dubbio e certezza che ci sia effettivamente un inseguitore per cercare di suggerire che la maledizione non se ne andrà mai, che l'ossessione è nella testa.
It follows vuole fornire molto la sensazione di essere una grande allegoria di qualcos'altro, se il primo pensiero sono le malattie veneree, il sospetto è che in realtà il regista volesse parlare di un certo isolazionismo da quartieri suburbani in questo film in cui i genitori e gli adulti in genere non esistono e se sono in scena non parlano, fanno altro, sono fondale. Confinati lontano da tutto, in un microcosmo elitario i ragazzi si passano il male da cui non escono.
Non basta però il desiderio di essere più di quel che si è, non basta una certa vaghezza nell'impostare i presupposti e le conseguenze della maledizione nè il cerchiobottismo di una molto intellettuale eterna fuga a cui si contrappongono scene estremamente concrete e da horror puro come quella della piscina (curiosamente ancora una volta teatro di frammenti di azione in film autoriali come già in Lasciami entrare).
Incapace di mettere davvero paura a fronte di tanto score horror, incapace di riuscire a suggerire realmente un senso d'oppressione, come vivere in una bolla, e soprattutto incapace di mettere in scena i 4 ragazzi protagonisti con la dignità che meritano It follows fallisce e lascia l'amaro in bocca.