TFF 32 - Gentlemen, la recensione

Il primo film in Concorso al Torino Film Festival numero 32 è un formidabile kolossal svedese tra Sergio Leone e Stig Larsson. 141 minuti di grande noir

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Il Concorso dell'edizione numero 32 del Festival di Torino parte con il botto e con il complotto.

Tratto dal romanzo omonimo di Klas Östergren, Gentlemen è un kolossal svedese densissimo di fatti, flashback (si parte dal 1978 e si va indietro nel tempo), epoche e atmosfere. E' l'ultima prova di quanto il cinema svedese si sia specializzato in thriller politici per adulti dal sensuale impatto spettacolare. Non ci sembra un caso che il bravo regista Mikael Marcimain, classe 1970, abbia lavorato come regista della seconda unità per La talpa (2011) di Alfredson e ci fa un immenso piacere rivedere il grande David Dencik (un James Cagney con un pizzico dell'irresistibile fragilità di James Dean) qui nei panni del mattatore dopo tanti ruoli raffinati a lato delle star da La talpa a Uomini che odiano le donne (2009) fino a Una folle passione di Susanne Bier (è l'azzimato socio in affari di Bradley Cooper, forse innamorato di lui).

È chiaro che anche l'opera noir di Stig Larsson ha il suo peso nell'identità cinematografica di Gentlemen.

Grazie allo scrittore della saga Millennium la Svezia è diventata terra di intrighi, ricchezza, complotti, perversione ed eccitazione. Hollywood ha fiutato il nuovo terreno fertile del racconto noir e ci si è tuffata già da anni.
Che cos'è Gentlemen? Epos postsessantottino con giovani idealisti contro vecchi fascisti con impianto produttivo alla C'era una volta in America (bellissime le scenografie e la fotografia granulosa) e Romanzo criminale in cui uno scrittore un po' bambino (perfetto David Fukamachi Regnfors sosia di Shia LaBeouf) ricorda l'amicizia con i formidabili fratelli Morgan. Uno, Henry (David Dencik), affidabile e sensibile pianista jazz che piace alle donne perché "parla come un prete" ma ha anche il culto del corpo (è un boxeur), dello spirito e dell'eleganza. L'altro, Leo, ex poeta prodigio da bimbo poi rockettaro pirata poi hippie passato per eroina, alcol e malattia mentale.
Klas, omonimo e alter ego dello scrittore Östergren anche sceneggiatore del film, entra nelle vite dei Morgan, viene ospitato nel loro lugubre ma intrigante appartamento di Stoccolma ricco di libri, polvere e mistero dove "può essere sempre notte" anche in piena mattinata. Basta chiudere le tende.

E' un film di sigarette aspirate voluttuosamente (ti vien voglia di fumartene un pacchetto o anche due), sesso, femmes fatales, bei vestiti, club jazz, boxe, tunnel scavati sotto Stoccolma per trovare il tesoro di Re antichi, avventure picaresche (Henry è un girovago avido di cultura ed esperienze che da solo vale il film) ma anche rimpianti, lotte politiche, morti di overdose, sogni spezzati, amori impossibili e intrighi giornalistici pronti a svelare quel passato filonazista che rimane una grande ferita di una certa generazione di svedesi come ricordavano sia Ingmar Bergman che Stig Larsson con il suo capolavoro Millennium.

Dietro di tutto c'è il Capitale. Un Capitale dal volto umano scaltro, calibrato, paternalista e rivale in amore di Henry Morgan. Un Capitale interessato a guidare i destini politici della Svezia nelle importanti elezioni politiche del 1979.
Troppo problematici per il nuovo ordine che verrà quei due scapestrati geniacci dei Morgan. Troppo eccentrici, puri e idealisti. Forse è il caso che qualcuno li metta a tacere per sempre.
Rimarrà un libro a raccontare chi erano Henry e Leo. Lo scriverà Klas.
E rimarrà un appartamento vuoto dove può essere sempre notte.

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