Tex Willer 5: I due disertori, la recensione
Abbiamo recensito per voi Tex Willer 5: I due disertori, primo capitolo di un nuovo arco narrativo
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Il primo arco narrativo di Tex Willer si è concluso con il quarto appuntamento, La caverna del tesoro. Da pochi giorni è uscito in edicola il quinto, il quale innesca una run totalmente inedita e senza alcun riferimento, al contrario della precedente che si rifaceva alla seminale storia Il totem misterioso, di Gianluigi Bonelli e Aurelio Galleppini, la quale diede il via alle avventure dell'icona di Sergio Bonelli Editore.
In serrata continuity, la vicenda riprende dal punto in cui è terminata La caverna del tesoro. Dopo aver regolato i conti con John Coffin, Tex è deciso a tornare a Saint Thomas per sincerarsi delle condizioni di Tesah e dei Sanderson, la famiglia a cui l'ha affidata; è preoccupato per la loro sorte, in quanto sempre più spesso gruppi di banditi, comanchero e sbandati provenienti dal confine con il Messico - dove infuria la Guerra Civile - infestano la frontiera meridionale degli Stati Uniti, seminando violenza e terrore.
Boselli lo descrive e Brindisi lo illustra nel suo folgorante ruolo di campione di giustizia, un super eroe tutto italiano. Ostenta l'audacia e la spavalderia della sua gioventù, ma possiede già l'eccezionale nobiltà d'animo che lo contraddistingue da sempre; dote che gli fa conquistare perfino il rispetto di due canaglie, i transfughi dell'esercito messicano da cui deriva il titolo dell'albo.
La sceneggiatura di Boselli è dispensatrice di pura adrenalina, moderna e aulica allo stesso tempo, costellata di dialoghi irresistibili e brevi ma efficaci momenti di allentamento del ritmo. È la confutazione definitiva di una delle perplessità che hanno accompagnato il lancio di Tex Willer, ovvero se il protagonista, in assenza dei suoi pards e di una spalla insostituibile come Kit Carson, avrebbe funzionato in maniera autonoma.
La risposta è sotto gli occhi dei lettori: il merito del Bos è incontrovertibile, ma va condiviso con un team creativo di livello composto da artisti di assoluto valore. Il copertinista Maurizio Dotti non manca di stupirci a ogni occasione. Brindisi, dopo l'ottimo De Angelis, ci offre uno stile totalmente differente: un tratto nervoso, sporco, un'espressività essenziale e immediata, oltre a una dinamicità straripante. Sono tutti elementi ideali per questo ciclo appena iniziato e che già promette scintille.
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