Il teorema di Margherita, la recensione
Riconducendo un personaggio fuori dagli schemi negli schemi più abusati, Il teorema di Margherita rende quasi superfluo il lavoro della regista Anna Novion e non rende onore alla sua protagonista
La nostra recensione di Il teorema di Margherita, dal 28 marzo al cinema
In Il teorema di Margherita c'è infatti una forte contraddizione tra la cornice, l'ambito matematico pieno di formule e tecnicismi, e il cuore della storia, cioè lo sviluppo dello protagonista. Il primo è delineato senza molte spiegazioni, risultando difficile da comprendere per lo spettatore profano ma anche potenzialmente intrigante. Il secondo propone invece una parabola di presa di coscienza e apertura al mondo, molto più convenzionale e meno appassionante. "Matematica ed emozioni non vanno bene assieme", dice alla ragazza Laurent, il professore che la segue nei suoi studi. Lei, all'apparenza imperturbabile e timida, si lascia in verità trasportare da gelosia e orgoglio, quando quest'ultimo accetta un altro studente da supervisionare, Julien. Dopo che proprio il collega riscontra pubblicamente un errore nel suo lavoro, Marguerite abbandona l'università e va a convivere con una giovane ballerina incontrata per caso; ovviamente, il richiamo della sua vocazione non attenderà molto prima di farsi sentire. Nel frattempo, imparerà letteralmente ad alzare la testa, ad aprirsi all'altro, ad accettare i propri errori e in fondo se stessa. Un personaggio fuori dagli schemi che viene invece ricondotto nei più abusati degli schemi.