Ted, la recensione
L'orsacchiotto parlante dedito all'utilizzo di sostanze stupefacenti e alla frequentazione di prostitute proietta il successo di Seth MacFarlane dalla tv al cinema...
Questi primi mesi del 2012 ci hanno regalato ben tre pellicole realizzate da registi provenienti dal mondo del cinema d'animazione. Ad aprire le danze è stato il filmmaker della Pixar Brad Bird col suo Mission: Impossible – Protocollo Fantasma che ha raccolto una lunga lista di recensioni positive e, fattore di certo ben più rilevante per la Paramount, quasi 700 milioni di dollari al box office internazionale. Poi è stata la volta di un altro membro dello studio di Emeryville, Andrew Stanton, e del suo John Carter, film pieno di rispetto e sentita ammirazione nei confronti del materiale alla base dello stesso, il romanzo di Edgar Rice Burroughs Sotto le Lune di Marte, ma incapace d'incontrare i favori del botteghino per tutta una serie di articolate motivazioni, su tutte una gestione marketing della pellicola decisamente discutibile. Infine, a giugno, con un ritardo di ben tre mesi rispetto all'uscita statunitense, fattore che ha di certo contribuito al suo scarso esito commerciale nella penisola, è stata la volta del reboot di 21 Jump Street diretto dalla coppia di registi di Piovono Polpette Chris Lord e Phil Miller: sleeper hit del 2012 nonché una delle più brillanti commedie americane viste negli ultimi anni.
A questa schiera si aggiunge adesso un altro nome, ovvero quello di Seth MacFarlane.
Il suo live action d'esordio, Ted, è già uscito con un incredibile riscontro commerciale negli Stati Uniti, exploit che, malgrado la notorietà del nomi coinvolti, non era del tutto sconato: a conti fatti stiamo pur sempre parlando di una commedia vietata ai minori.
Preso atto successo commerciale del film, destinato a crescere nel corso del mese di agosto mano a mano che uscirà nei vari mercati europei e internazionali – in Italia il pubblico dovrà invece attendere il 4 ottobre, peggio di noi solo Francia e Belgio dove arriverà il 10 dello stesso mese – cerchiamo di capire se questa gloria economica sia accompagnata anche da un'effettiva validità della pellicola.
La storia alla base di Ted è abbastanza basilare. Nella Boston degli anni ottanta, un bambino senza amici di nome John Bennett riceve, per Natale, un orsacchiotto di peluche che diventa il suo “miglior amico”. Una notte esprime un singolare desiderio: che Ted possa prendere vita. Detto fatto. L'orso è, la mattina dopo, parlante, dotato di una sua specifica ratio e capace di deambulare per i fatti suoi. Per un po' diventa anche una celebrità televisiva, ma questo non impedisce ai due di giurarsi eterna amicizia.
Una volta arrivato ai 35 anni, John e Ted sono ancora compagni di scorribande. Solo che tali attività comportano ora un consumo decisamente sostenuto di alcolici, erba e turpiloquio. I due sono sospesi in una specie di limbo che viene guardato non proprio di buon occhio da Lori, la bella fidanzata di John in perenne attesa di una maturazione del suo fidanzato che pare non arrivare mai.
Quella raccontata dalla pellicola è una vicenda tutt'altro che originale e, anzi, abbastanza in linea con i tempi. Amici scansafatiche e bamboccioni che trascorrono i loro tempo cazzeggiando selvaggiamente mentre il mondo intorno – un mondo che comunque resta tutto fuorché normale – chiede loro di crescere, di maturare, di effettuare quel balzo in avanti verso un età adulta che, per svariati motivi non ultimi quelli economici, viene sempre rimandato. Non è un caso se negli anni ottanta i personaggi trentacinquenni venivano dipinti come dei giovani rampanti, con una posizione lavorativa per lo più invidiabile e, magari, prole al seguito, mentre ora, dai Fratellastri a 40 Anni di Adam Mckay alle maschere delle commedie di Judd Apatow si assiste a un endemico proliferare di giovani, maschi per lo più, bloccati in un'adolescenza senza fine.
In questo senso, la sceneggiatura di Ted, scritta dallo stesso MacFarlane insieme ai suoi sodali collaboratori televisivi Alec Sulkin e Wellesley Wild, non ha niente di particolarmente innovativo da offrire.
Eppure, a prescindere dalla banalità sostanziale della trama e dalle amare considerazioni sociologiche appena accennate, Ted cattura dall'inizio alla fine per la maniera in cui l'amicizia fra il personaggio di Mark Wahlberg e quello dell'orso doppiato dallo stesso MacFarlane viene proposta allo spettatore.
Il pupazzo parlante è una sorta di summa della comicità del papà dei Griffin – che per inciso vengono anche citati diverse volte in un corto circuito di autoreferenzialità che assume dei connotati realmente esilaranti specie in un'occasione che naturalmente non spoilererò – un mix letale dell'ipocrita cane Brian di Family Guy, del trasformista alieno Roger di American Dad e del bizzarro orso Tim di The Cleveland Show. Oltre al fatto che, come nei cartoon citati, nessuno pare stupirsi più di tanto del fatto che un giocattolo di peluche sia dotato di parola, la sua ascesa mediatica ha lo spazio e la durata di quella avuta da una qualsiasi baby star della tv americana anni ottanta, la sua parlantina, la sua verve, la sua tendenza all'eccesso, sono quelle tipiche dei personaggi poc'anzi menzionati. Ma se in una serie televisiva, specie se a cartoni animati, i tratti distintivi di un personaggio vengono quasi impressi nella carbonite come Han Solo o, tutt'al più, esasperati nel prosieguo delle stagioni, nel delineare il carattere del suo Ted il sempre caustico MacFarlane non commette la svista di lasciarlo, per tutta la durata del film, uguale a se stesso. Dopo decine e decine di episodi delle varie serie animate del nostro, sono rimasto abbastanza spiazzato dal constatare come questo giocattolo puttaniere e amante dei superalcolici sia dotato di una vera e propria progressione caratteriale ed emotiva, una sua perversa cristallinità del tutto assente in character bastardi e egoisti dall'inizio alla fine come Roger, o falsi, ipocriti, come Brian il cane. Ted non frequenta una cassiera burina e tettona per sentirsi superiore a lei e portarsela a letto come avrebbe fatto il cane di casa Griffin, ma, semplicemente, per fare sesso in tutte le salse e in tutte le posizioni. Schietto e sincero come la nota birra italiana.
Inoltre, quello che lui e il suo migliore amico John si troveranno a vivere, causerà un'effettiva rivoluzione nei loro schemi e routine di vita. L'interazione col personaggio in carne e ossa di Mark Whalberg è ottima e questa considerazione non è inerente all'aspetto meramente tecnico, quanto all'alchimia fra i due. L'interprete di Amabili Resti e Contraband è sorprendetemente convincente nei panni del “grown up”, dell'eterno adolescente, un ruolo di certo poco abituale per lui.
Mila Kunis, oltre a portare in scena delle indubbie doti figlie del proprio notevole patrimonio genetico, è ben integrata nella trama, anche se il suo personaggio è, gioco forza, quello più "rigido" dal punto di vista caratteriale. Non dobbiamo dimenticarci che l'attrice d'origine ucraina figura nel cast vocale originale dei Griffin, dove doppia la figlia di Peter e Lois, Meg; ecco quindi che la dimestichezza con i tempi comici di MacFarlane è stata acquisita sul campo.
Regalano momenti di assoluto nonsense di chiara matrice cartoonesca anche i vari personaggi di contorno – compresi alcuni cammei che non vi rivelerò perché altrimenti meriterei la proverbiale crocifissione in sala mensa – cui vengono affidate battute o siparietti folgoranti.
Poi dopo c'è tutto un altro livello di assoluta grandezza di Ted: quello dell'universo pop con cui sono cresciuti tanto i personaggi del film quanto la maggior parte di coloro che, quasi sicuramente, costituiscono il suo pubblico di riferimento. Come tutta la generazione dei trentenni occidentali, John e Ted sono stati nutriti da uno schermo, televisivo e cinematografico prima e di un computer e di uno smartphone poi, quindi il loro linguaggio, il loro modo di agire e di pensare è del tutto permeato, in maniera fluida e per nulla forzata nell'ambito della finzione cinematografica, da questi compagni di viaggio fittizi. La marcia imperiale di Star Wars come suoneria dell'iPhone accomuna molti di noi, d'altronde. Gli spettatori più giovani troveranno invece pane per i loro denti grazie al facile riconoscimento di tutti quei tratti distintivi dell'umorismo, sempre scorrettissimo, del creatore dei cartoon trasmessi dalle reti privati free e satellitari. Se, però, non appartenete alla fascia d'età che spazia dai 15 ai 35, massimo 40 anni, il film potrebbe risultarvi alquanto criptico se non addirittura fastidioso.
Con Ted, dunque, Seth MacFarlane segue quel fortunato trend di autori di cartoon passati con successo al cinema live action. La sua pellicola, a fronte di un intreccio abbastanza usuale, è arricchita da una perfetta caratterizzazione e progressione dei personaggi e da un umorismo in perfetto stile MacFarlane. Proprio in virtù del particolare pubblico di riferimento dell'opera, appare abbastanza discutibile la scelta della Universal di piazzare Ted nella prima settimana di ottobre, a tre mesi di distanza dalla release statunitense. Da qui a quella data, è probabile che il target principale del film, di certo avvezzo all'utilizzo del web e di tutte le possibilità di visione “parallela” che esso offre (discutibile o meno che sia), sceglierà di godersi Ted a casa – magari in lingua originale e con l'aggiunta di sottotitoli – piuttosto che in sale cinematografiche letteralmente traboccanti di lungometraggi a causa del festival dei rinvii cui abbiamo assistito di recente.
E in tema doppiaggio, speriamo davvero che l'adattamento dei dialoghi sia curato al meglio, poché parte del valore di Ted risiede anche nei brillanti (e volgarissimi) giochi di parole fatti dai suoi protagonisti...