Tartarughe Ninja, la recensione

Le Tartarughe Ninja di Michael Bay sono ben lungi dall'essere quel disastro descritto dalla critica d'oltreoceano e non solo

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Il canovaccio standard del film prodotto o diretto da Michael Bay è grossomodo sempre il seguente: si diffonde la notizia che il filmmaker si occuperà di portare al cinema la pellicola X in veste di regista, produttore o entrambe le cose. Su internet le persone cominciano a lamentarsi a priori e a prescindere insultando Bay in maniere variegate e fantasiose. Il film viene mostrato alla stampa. La stampa lo demolisce. L'opera arriva nelle sale. Bay e gli altri produttori si stancano di contare gli abnormi incassi perché le cifre sono tendenzialmente stratosferiche.

In questo 2014 abbiamo assistito per ben due volte al riproporsi di questo peculiare “giuoco delle parti”, con Transformers 4: L'Era dell'Estinzione prima e ora con Le Tartarughe Ninja.

La pellicola di Jonathan Liebesman (Non Aprite quella Porta: l'Inizio, La Furia dei Titani) si appresta a debuttare nelle sale cinematografiche italiane, ma ha già superato i 300 milioni di dollari d'incasso worldwide e il sequel è già confermato.

Per l'ennesima volta dobbiamo constatare come l'accoglienza da parte degli addetti ai lavori e dei fruitori più “rumorosi e riottosi” attivi sul web sia nettamente differente dal gusto effettivo del pubblico.

Forse in misura ancor maggiore dell'ultimo capitolo della saga di toy movie basati sul franchise robotico Hasbro, è del tutto Tartarughe Ninjalegittimo pensare: “ma ai colleghi americani che succede? Non dovremmo essere noi europei i critici vecchi, snob, con la puzza sotto il naso pronti a decretare la morte di un film col proverbiale pollice verso? Cosa sta succedendo in questo pazzo, pazzo mondo?”.

Già perché la questione è davvero molto semplice: Le Tartarughe Ninja riesce pienamente ad adempiere allo scopo per cui è stato confezionato. Rilanciare il franchise cinematografico delle Turtles con un film adeguato, adatto ai gusti delle platee del 2014, ricco di azione iperbolica (e in un film con 4 rettili antropomorfi che praticano le arti marziali è un ingrediente oserei dire obbligatorio) e tanta ironia.

E, vale la pena sottolinearlo in un'epoca fatta di blockbuster tanto lunghi, quanto tediosi, connotati da noiose, barbose parti espositive che contribuiscono ad aumentare il minutaggio medio a minimo due ore di film, Le Tartarighe Ninja, come i cari, vecchi film degli anni ottanta, crea un contesto narrativo in 101 minuti crediti inclusi. Premessa. Sviluppo. Climax. Fine. Senza tanti, troppi inutili discorsi.  Certo, non mancano gli immancabili “momenti spiegoni” affidati – inevitabilmente – a due personaggi alquanto antitetici, ma sono “difetti” perdonabili a un pop-corn movie che è ben lungi dall'essere quel disastro su tutta la linea dipinto dalle critiche di oltreoceano.

Spiace semmai notare come un grandioso caratterista, uno dei più validi in attività a Hollywood, come William Fichtner non sia stato sfruttato in maniera adeguata, come la Bernadette Thompson di una ritrovata Whoopi Goldberg avrebbe meritato più tempo sullo schermo e come il design dell'armatura di Shredder sia un po' troppo debitore nei confronti del look dei nuovi Transformers by Michael Bay; ma, se non altro, questo terzo fattore può essere letto come un “marchio di fabbrica”.

Quanto a loro, i Fab Four, ogni considerazione in merito all'aspetto rientra inevitabilmente in quella zona nota come “gusto personale”. In quanto ex bambino dei primi anni novanta cresciuto a pane e Tartarughe Ninja possessore di ogni gioco delle Turtles uscito per il NES e il Super Nintendo, posso dire di aver gradito queste nuove Tartarughe Ninja sin dal loro “reveal” avvenuto col trailer. La prova del 9 della sala ha confermato poi il tutto: certo, il ricordo dei costumi di Tartarughe Ninja alla Riscossa, il film diretto da Steve Barron nel 1990, e dei relativi seguiti è sempre molto dolce e piacevole, ma Vanilla Ice è qualcosa che deve obbligatoriamente restare chiuso nel mio personale hurt locker, mentre l'estrema fisicità di queste nuove Tartarughe è davvero molto apprezzabile, così come l'elevata differenziazione della loro massa corporea e caratteriale (anche se il trait d'union resta la smodata passione per la pizza). Ovvio sottolineare, ma in questa fase è doveroso, come le battute più spassose siano affidate a Michelangelo, in una ridda di ammiccamenti continui alla pop-culture ben contestualizzati e tutt'altro che fastidiosi nel loro essere genuinamente ammiccanti.

La presenza di Megan Fox ha quasi più senso in relazione alla cronaca della “pace fatta” fra lei e Michael Bay, dato che la sua April O'Neil non rifugge in gran parte dai canoni della “damsel in distress” che, se non altro, in relazione ai quattro eroi ha... no, meglio chiudere la bocca per evutare spoiler di qualsiasi tipo. Ogni apparizione di Will Arnett nei panni di Vern Fenwick regala ilarità e da un comedian di razza come lui, non mi sarei aspettato niente di meno.

Assodato che il film diretto da Jonathan Liebesman e prodotto dalla premiata ditta Michael Bay e Brad Fuller pone delle solide basi per questa nuova vita cinematografica delle creature di Kevin Eastman e Peter Laird (delle polemiche fra i due, francamente, m'interessa davvero poco) non resta altro che gridare a gran voce: bene, ora dateci Rocksteady, Bebop, Casey Jones, Krang e la Dimensione X.

I tempi sono maturi.

Cowabunga!

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