Taormina 2015 - Inside Out, la recensione [2]

La nostra seconda recensione di Inside Out, visto nella splendide cornice del teatro antico di Taormina

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Gli universi immaginari della Pixar sono isole fantastiche a misura d'uomo. Come nelle migliori storie, l'impianto logico-razionale come premessa della costruzione del mondo che verrà raccontato, sia esso ambientato nel mondo dei giocattoli, in quello dei mostri, in quello dei supereroi, non impedisce alla narrazione di allentare quegli stessi legami da essa creati per tendere ad una visione più grande e simbolica. In questi splendidi momenti sospesi tra sogno e meraviglia si realizza un equilibrio che ha del miracoloso tra ragione, coerenza interna, cura dei dettagli da un lato e metafore visive, racconto di formazione, elaborazione di temi dall'altro. Inside Out si imbeve totalmente della tradizione cinematografica della Pixar e ne fa materiale per uno straordinario racconto di formazione, il più letterale, stratificato e maturo che abbia mai raccontato. Il film di Pete Docter è un capolavoro.

La luce della mente della giovane Riley, di cui seguiremo rapidamente la crescita fino ai dodici anni, illumina l'agire – rumoroso e poco equilibrato – delle sue cinque emozioni basilari: Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto. In particolare della prima, doppiata in originale da Amy Poehler, ben determinata a lavorare per assicurare la vita più felice possibile alla giovane. Questo equilibrio imperfetto viene spezzato dall'incontro di una circostanza esterna e una interna. L'improvviso trasferimento a San Francisco della famiglia di Riley, e quindi l'allontanamento dagli amici e dagli svaghi della vecchia casa, e il contrasto sempre più evidente tra Gioia e Tristezza, con quest'ultima che proprio non riesce, nonostante tutti gli ammonimenti, a non interferire maldestramente con lo stato d'animo della bambina. Un incidente metterà in serio pericolo l'equilibrio della mente di Riley, e le due emozioni in contrasto dovranno intraprendere un viaggio per tornare a casa.

Inside Out è un film perfettamente inquadrato nella tradizione Pixar

Inside Out è un film perfettamente inquadrato nella tradizione Pixar, ed è in particolar modo figlio ideale di Monsters & Co., sempre diretto da Pete Docter. Lo schema fondamentale segue un impianto classico: equilibrio imperfetto iniziale, rottura dell'equilibrio tramite il conflitto, nuovo equilibrio. E in mezzo il viaggio, l'isolamento, la maturazione dei rapporti, convinzioni radicate – letteralmente – nella mente che vengono rimesse in gioco e sviscerate. Gioia e Tristezza sono Mike e Sulley, ma sono anche Woody e Buzz, Merida e sua madre, Carl e Russell. È il viaggio nella tipica accezione pixariana: dentro e al di fuori di se stessi, verso la casa della propria anima, e mai in come in questo caso la definizione è stata da prendere in modo più letterale.

Le coinvolgenti note di Michael Giacchino (Gli Incredibili, Up) scandiscono il viaggio di formazione definitivo, che gioca tra la rigida applicazione di regole ben delineate nella primissima parte del film e la loro sistematica e tragica devastazione nella parte centrale. Tutto ha una sua logica, tutto è perfettamente inquadrato, nulla è lasciato al caso. Come in uno dei momenti più ispirati del film, i pensieri vengono destrutturati fino alle loro rappresentazioni più basilari, e quindi riassemblati e fusi insieme: ecco enormi blocchi di memorie a lungo termine che per conformazione ricordano le scissure del cervello, ecco memorie del nucleo, giochi di colori, consolle, invenzioni visive e narrative, scenari da sogno e da incubo. Coerenza, struttura, originalità, ispirazione: tutte queste regole, che dovrebbero essere il motore del cinema, o quantomeno della sua parte migliore, sono il cardine del processo creativo di Inside Out, e danno propulsione continua ad un film trascinante ed emozionante.

Inside Out cammina sul ciglio dell'abisso della malinconia ("la gioia di sentirsi tristi") e della solitudine. A più riprese lancia uno sguardo verso il vuoto, prima con malcelata indifferenza, poi con terrore, quindi con curiosità, forse perché realizza che in quel vuoto è possibile ritrovare una parte di se stessi troppo a lungo ingabbiata. Inside Out ci racconta che l'equilibrio non è seguire una strada dritta o lucidare una sfera perfettamente levigata. Con una maturità e una profondità che non sono la regola del cinema per ragazzi ma dovrebbero esserlo, ci racconta che una gioia può scaturire anche da una lacrima. E noi, che commossi da un finale di straordinaria perfezione ricambiamo con il sorriso più sincero, non possiamo che essere d'accordo.

inside taormina

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