Takeway, la recensione
Takeaway dimostra che per far passare un messaggio "sociale" il modo migliore sia evitare i toni sfacciatamente moralistici
I titoli di coda di Takeaway si aprono con un cartello che informa sull’alta percentuale di atleti che ricorre a sostanze dopanti. Una spia di intenti didascalici che fortunatamente il film, nel raccontare una storia che fa di questo tema il suo fulcro, non persegue: il suo focus non è la denuncia ma i personaggi e l'ambiente che li circonda. Lo capiamo da una delle prime scene, in cui la protagonista, Maria (Carlotta Antonelli), si bacia con Johnny (Libero di Rienzo) suo compagno e allenatore molto più grande di lei. L'atmosfera è lugubre e trasmette un senso di degrado e morbosità, veicolato da una luce grigio metallica che sempre riempie gli interni e che contrasta con il pallidissimo volto della ragazza. Lei è una giovane marciatrice con l'ambizione di fare carriera nell’atletica, lui un ex preparatore atletico sospeso a causa di uno scandalo di doping che decide di fornirle sostanze illecite per potenziare l’attività agonistica.
Nella sua ultima interpretazione, Libero di Rienzo ripropone quell’amarezza, quell'atteggiamento dismesso che ha sovente caratterizzato i suoi personaggi, ma svuotati di qualunque (auto)ironia. Il suo è un inedito ruolo "negativo" che non assume però tratti mefistofelici, come incarnazione del male, ma resta molto più ambiguo: porta avanti i suoi progetti sempre con fatica e disillusione, c’è la sensazione che questi siano quasi una conseguenza inevitabile di un ambiente in cui la correttezza è ormai un’utopia e il suo rapporto con Maria appare più dettato da un (malsano) accudimento piuttosto che da un abuso fisico e mentale. Anche la ragazza non è una vittima sacrificale, ma assume una posizione attiva nel momento che decide di continuare indefessa gli allenamenti e anzi risponde a tono al compagno. Una relazione alla pari, in cui entrambi non si accorgono e sono responsabili della deriva che ne consegue. In queste posizione molto sfumate, e nello sguardo del regista, il film trova il proprio punto di forza.
Takeaway dimostra così che per far passare un messaggio "sociale" il modo migliore sia evitare i toni sfacciatamente moralistici e fare leva su una narrazione complessa, in cui la presa di coscienza sul finale non può cancellare quanto visto in precedenza.