La fine del quarto episodio di
Taboo ci aveva lasciati col fiato sospeso, in attesa di conoscere le modalità e l'esito della sfida a duello che il protagonista, James Delaney, aveva ricevuto da parte del cognato Thorne, fin troppo conscio dell'irresistibile attrazione tra l'uomo e la sorellastra Zilpha. Attrazione che non smette, infatti, di costituire materia d'intreccio per la serie scritta da Steven Knight: dopo l'annullamento del duello - a seguito della scoperta della manomissione della pistola di Thorne da parte di un contatto della Compagnia delle Indie, atta a salvaguardare l'incolumità di Delaney - il disperato marito non trova altro conforto che quello di affidare la sposa alle mani di un esorcista, nella speranza di liberarla dal lussurioso, incestuoso desiderio che la consuma
La storia di Zilpha continua a essere, a dire il vero, l'anello più debole di una catena altrimenti sempre più solida e coerente, laddove gli ingranaggi drammatici relativi alla lotta di James per sottrarsi al giogo della Corona e della Compagnia delle Indie costituiscono un'ossatura convincente e accattivante, sia a livello di eventi che per l'accurata delineazione dei personaggi che ne fanno parte. Al coro di protagonisti che gremiscono già la scena si aggiungono, in questo quinto episodio, l'avvocato George Chichester, legato ai Figli dell'Africa e interessato a far luce sull'affondamento di una nave di schiavi, avvenuto quasi dieci anni prima. Tragedia che, oltre a costare la morte a quasi duecento persone, è probabilmente connesso con i fantasmi di un oscuro passato che assediano James sin dalle prime scene della serie.
Passato che James combatte e odia, ma di cui non riesce del tutto a liberarsi: pur bruciando le lettere che il padre ha scritto nel corso dei lunghi anni della sua lontananza, è infatti costretto dalle circostanze a conservare gelosamente il trattato, stipulato con un capo dei nativi, che attesta la vendita del territorio di Nootka a Horace Delaney, con tanto di allegata sposa indiana. Il legame affettivo di James col padre è, l'abbiamo capito sin da subito, solcato di crepe profondissime, che affondano le proprie radici nell'internamento della madre nel manicomio di Bedlam. Il dissidio interiore dell'uomo è dilaniante, e contribuisce a conferire al personaggio una tridimensionalità che la sua finora incontrastata invincibilità avrebbe rischiato di offuscare. Complice l'ombrosa, a tratti allucinata performance di Tom Hardy, la minaccia sembra per ora lungi dall'essersi concretizzata, e nuove sfaccettature del carattere di James verranno plausibilmente evidenziate dal nuovo corso preso dall'instabile alleanza con gli americani, che gli impongono la fabbricazione in tempi record di un carico di polvere da sparo da destinare agli irlandesi.
Il giro di boa è compiuto e, giunta a tre episodi dalla fine, Taboo ha ormai mostrato materiale a sufficienza per consentirci di tracciare un primo identikit: lungi dal voler essere un racconto costellato di colpi di scena, si limita con rigore coraggioso e inedito a seguire poche linee narrative e a farle intrecciare con la calma un po' torbida propria delle acque del Tamigi, senza rincorrere alcun modello preesistente e concedendo al proprio pubblico tutto il tempo per conoscere e affezionarsi ai personaggi, mirabilmente trattati, che lo popolano. Un prodotto inconsueto nel panorama televisivo contemporaneo, crudo e sincero, estetizzante e denso senza il peccato del sovraccarico.