La corte dei dannati che circonda
James Delaney sembra, nel quarto episodio di
Taboo, essere il più bizzarro ma riuscito esempio di utilizzo d'ingegni, temprati dal bisogno, in un'operazione di gruppo. Il piccolo, sgangherato esercito di reietti che il protagonista della serie BBC sta mettendo in piedi e armando a suon di monete è, senza ombra di dubbio, la precisa controparte lurida e, proprio per questo, onesta del dorato marciume ipocrita della classe dominante. In questo guazzabuglio di prostitute, ladruncoli, attrici, travestiti e incantatori, James si staglia nelle vesti di bizzarro direttore d'orchestra, riuscendo a convogliare gli indubbi talenti dei singoli emarginati verso uno scopo comune: la tutela dei suoi interessi individuali a scapito sia della Compagnia delle Indie, che della monarchia inglese e dell'avidità dei neonati Stati Uniti.
Le nebbie iniziano a dissiparsi in questa quarta puntata, specie nel momento in cui ci viene svelata l'identità del misterioso Carlsbad, alias la controversa Lady Musgrove. È interessante notare come Taboo non giochi tanto sulla conservazione di un singolo segreto per mantenere viva l'attenzione del pubblico, rinunciando quindi a uno dei cliché più abusati della drammaturgia audiovisiva. La tensione interna del racconto è data dalla concatenazione degli eventi, dalla coerenza integerrima dei personaggi e, quindi, dall'estrema verosimiglianza psicologica delle loro decisioni. Impariamo a conoscere James, e con lui anche Lorna, Brace, Sir Stuart, Zilpha e gli altri elementi che compongono il rugginoso mosaico di una serie che si conferma coraggiosa sotto molti punti di vista.
Se la raffinatezza estetica dell'episodio va a confermare un'attenzione visiva che, a oggi, non ha ancora conosciuto falle, il ritmo del racconto si fa più serrato e focalizzato, lasciando pochissimo spazio alle visioni e ai sortilegi di James sciamano e concentrandosi sullo stratega: il suo complesso ma irresistibile piano per ottenere polvere da sparo, dopo l'embargo impostogli dall'intero mercato inglese, è un meccanismo a orologeria che è un piacere ammirare dall'origine al compimento, avvenuto con successo grazie alla new entry
Cholmondeley (Tom Hollander), scienziato illuminato travestito da cialtrone. Come parecchi altri prima di lui, anche questo intrigante personaggio - che non esita ad assaggiare lo sterco di vacca e il guano di piccione per valutarne il potenziale chimico - appartiene a quel mondo che fa della sozzura esterna la scorza per difendere una propria personalissima missione, talvolta velata di un'etica inafferrabile.
È questo il mondo che Taboo riesce a raccontare meglio, illuminato da mozziconi di candela, lontano dallo sfarzo fastidioso e putrescente della società bene, che affonda le mani nell'oro senza percepirne il reale valore, e che schiaccia i propri figli - Zilpha in primis - sotto il peso di tabù scabrosi ma, in fin dei conti, meno riprovevoli dei crimini quotidianamente perpetrati da un'intera classe sociale. In tal senso, giunti a metà della prima stagione, possiamo già affermare che la serie BBC stia riuscendo a declinare il genere del dramma in costume, tanto caro alla televisione inglese, in una variante inedita ed eccezionalmente acuta.