Sweet Girl, la recensione
Sweet Girl unisce scene d'azione ed emozioni, sfruttando bene le interpretazioni di Jason Momoa e Isabela Merced, pur non potendo contare su una sceneggiatura del tutto convincente
Brian Andrew Mendoza compie il suo esordio alla regia di un lungometraggio con Sweet Girl, un mix di azione, cospirazioni e dramma personale con star Jason Momoa e Isabela Merced in grado di intrattenere ma non di convincere in modo costante.
La sceneggiatura di Gregg Hurwitz e Philip Eisner raggiunge il suo livello migliore nel rappresentare il rapporto tra padre e figlia, regalando alcune interazioni emozionanti tra i due protagonisti che non risultano mai innaturali o sopra le righe, scivolando purtroppo nel portare in scena gli elementi legati al mondo farmaceutico, delineato a grandi linee e proponendo dei "villain" che appaiono unidimensionali e le cui motivazioni non sono mai del tutto credibili. Dispiace, inoltre, che il primo atto della storia sfiori solamente il rapporto tra marito e moglie e tra madre e figlia, limitandosi a offrire gli elementi strettamente necessari a comprendere la portata del dramma vissuto dalla famiglia.
GUARDA: il trailer del film
Momoa e Merced, seppur non proponendo una performance memorabile, riescono comunque a trasmettere il giusto feeling necessario a sostenere la narrazione, anche dopo la svolta (quasi) a sorpresa compiuta dal racconto. Dispiace, invece, vedere il poco spazio dato ad attori esperti come Amy Brenneman e Justin Bartha, volti molto conosciuti e apprezzati dal pubblico televisivo e cinematografico, che si limitano ad una parte quasi da comparsa.
Il montaggio firmato da Mike McCusker e Matt Cheese dà un buon ritmo alla narrazione, mentre Barry Ackroyd ha compiuto un lavoro davvero soddisfacente firmando una fotografia che crea l'atmosfera giusta per contribuire a sottolineare le emozioni dei protagonisti e la pericolosità delle situazioni in cui sono coinvolti.
Sweet Girl rappresenta un buon debutto alla regia per Brian Andrew Mendoza e, considerando la distribuzione su Netflix non sarebbe sorprendente che la storia di Rachel Cooper avesse un sequel o che il progetto desse vita a possibili spinoff, anche in forma di una serie tv come accaduto con Hanna. Con una maggiore attenzione per tutti gli elementi che sostengono la trama e antagonisti meno stereotipati il lungometraggio avrebbe raggiunto un livello davvero alto, seguendo le orme di successi come Atomica bionda o John Wick.
Il film, con i suoi alti e bassi e qualche passaggio a vuoto, riesce comunque a intrattenere e a inserirsi senza difficoltà nell'offerta della piattaforma di streaming all'insegna del binge watching.