The Sweet East, la recensione
Viaggio allucinato nel sottobosco degli Stati Uniti, Sweet East è un film cool come i suoi personaggi che vorrebbe deridere
La nostra recensione di The Sweet East, presentato nella sezione Quinzaine des cinéastes del Festival di Cannes 2023
Lillian (Talia Ryder), una liceale della Carolina del Sud, parte con i suoi compagni per una gita scolastica a Washington che presto degrada in feste, droga e sesso sfrenato. Dopo aver perso il cellulare in un bagno di un locale, la ragazza si imbarca in un viaggio allucinato tra diverse sottoculture e sette degli Stati Uniti, incontrando personalità eccentriche e bizzarre.
L'ambiguità dell'operazione consiste infatti nel modo in cui, se è evidente la satira sull'ambiente che rappresenta, allo stesso tempo The Sweet East propone una coolness ricercata simile a quella dei suoi stessi personaggi e una patina tipica di un certo panorama indie contemporaneo. Williams vorrebbe infatti essere preso molto sul serio, nel suo compiere una disamina socio-culturale che certamente non per la prima volta arriva sullo schermo. Il risultato è uno zibaldone di temi, riferimenti e citazioni mischiati tra loro in un vortice da cui si è travolti ma da cui, alla fine del viaggio, non rimane nulla di significativo. Nonostante inoltre la protagonista non sia certo un modello di rettitudine, c'è un forte moralismo nei confronti dei contesti rappresentati, uno guardo dall'alto che stona con quanto effettivamente vediamo: un film tanto velleitario quanto quello che racconta. E, come spesso accade, tutto questo si rivela limpidamente nell'unica scena che diverge dall'orizzonte complessivo, quella in cui per un momento la storia impazzisce e abbraccia un'anima trash finalmente divertente, che però è solo una parentesi isolata.