Swan Song, la recensione - Articolo del 17 dicembre 2021 - 513979

Una buona premessa diventa un film faticosissimo che non riesce ad andare mai oltre il suo spunto. O forse non lo vuole nemmeno

Critico e giornalista cinematografico


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Swan Song, la recensione

A lungo, molto a lungo, troppo a lungo Swan Song è un collage di scene di ricordi e del protagonista che parla delle sensazioni che prova riguardo la relazione con la moglie e il figlio. Troppo a lungo è un’elegia funebre di un personaggio che, lo sappiamo fin dall’inizio, sta morendo e deve trovare un rimedio per non lasciare le persone che ama senza di lui. È un film di fantascienza (in teoria) e quindi un’opzione c’è: una società che costruisce cloni propone di sostituirlo. Il vero sé andrà a morire da solo, mentre un clone in tutto e per tutto uguale a lui e con la sua coscienza, prenderà il suo posto. Indistinguibile.

Non è difficile vedere il ganglo da fantascienza: se il clone è uguale a lui e ha i suoi ricordi, allora chi è quello vero e come lo si può distinguere, ma soprattutto cosa pensa il clone di se stesso? Cosa ci rende quello che siamo?

Tutte domande abbastanza consuete che il cinema e ancora prima la letteratura di fantascienza si chiedevano già dagli anni ‘60. Sembra però fare finta che non sia così Benjamin Cleary, sceneggiatore e regista di un film che graffia solo la superficie della sua idea che ha uno slancio da Black Mirror (un uomo deve accettare che il proprio clone prenda il suo posto e poi si pente quando ormai questo è già in circolazione) ma si ferma lì e invece che concepire anche un intreccio degno di nota, capace ugualmente di rilanciare delle domande o affascinare con le conseguenze dell’esistenza di una tecnologia futura, preferisce rimuginare sull’evento. Per l’appunto mettere in bocca al protagonista parole sulla sua relazione e una sterminata serie di montaggi di ricordi.

Privo del salto verso l’ignoto e del senso di minaccia per lo spirito (anzi privo di qualsiasi vera minaccia), Swan Song di fatto non è fantascienza, nonostante la presenza di tantissima tecnologia immaginaria del futuro. Perché non ha alla base il conflitto che anima e rende interessante quel genere. È semmai un film di relazioni con uno spunto fantastico. Tuttavia anche in questa categoria non affonda mai il colpo, non si reca mai in quello spazio in cui il cinema di relazioni fiorisce, quello in cui nascono situazioni che costringono i personaggi a fare i conti con le proprie contraddizioni. Swan Song, semplicemente, non fa nessuna strada per andare da nessuna parte nonostante con le sue interpretazioni intense e sofferte (Mahershala Ali in testa) sembri voler suggerire il contrario.

Per completisti di Mahershala Ali.

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