Surface (stagione 1): la recensione

Thriller psicologico e investigativo, Surface propone una prima parte molto sotto tono per poi rilanciare il tutto nella seconda, coinvolgente e intrigante. La recensione

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La nostra recensione della prima stagione della serie Surface, disponibile coi suoi primi 3 episodi dal 29 luglio su AppleTv+

Non era difficile immaginare che una serie dal titolo Surface non si fermasse alle superfici dei suoi protagonisti e delle loro relazioni, ma intendesse scavare al di sotto di queste, che il suo obiettivo fosse evidenziare la fragilità di un mondo di apparenze e segreti. La sorpresa è per come, dopo aver esposto per lungo tempo questo contesto, tanto intrigato quanto poco profondo nella sostanza, riesca, nella seconda parte della sua prima stagione, a riemergere dalle sacche in cui era (consapevolmente o meno) caduta per coinvolgere e sorprendere.

La trama di Surface

Creata da Veronica West (High Fidelity), la serie AppleTv+ vede Gugu Mbatha-Raw, nei panni di Sophie, una donna che ha perso la sua memoria a lungo termine in seguito un trauma cranico ritenuto il risultato di un tentativo di suicidio. Come se ricominciasse da zero, Sophie riprende la propria vita e ritrova un premuroso marito, James (Oliver Jackson-Cohen), e una cara amica, Caroline (Ari Graynor); lei non si ricorda niente ma tutti le rimarcano come la sua vita fosse perfetta. Qualcosa però non le torna: perché, se le cose stanno così, ha tentato di farla finita? Il suo gesto è stato un atto volontario o è invece un omicidio camuffato? La donna decide allora di intraprendere una ricerca sul proprio passato per rimettere insieme i pezzi della sua esistenza, iniziando a chiedersi se la verità che le è stata detta sia in realtà quella che ha davvero vissuto.

Un thriller psicologico e investigativo

C’è dunque una premessa molto interessante alla base di Surface: il fatto che gli spettatori si trovano nella stessa posizione della protagonista, condividendo il fatto di non avere nessuna idea di cosa sia accaduto prima dell’evento che dà inizio alla storia e il desiderio di fare luce su questo. Il thriller psicologico così si combina con quello investigativo: l’asse portante dell’intreccio è rappresentato dalle indagini che la protagonista compie sul proprio passato, con un continuo riaffiorare di ricordi e sensazioni, inserite in un clima di inquietudine e pervasivo controllo. Lei si sente perennemente minacciata da chi le sta intorno, percepisce nei discorsi del marito qualcosa che stride.

Sophie fa parte dell’élite di San Francisco, vive in una grande casa lussuosa e frequenta amici dello stesso rango. Tanta è l’opulenza, tanto emerge la solitudine di chi ne fa parte, il non detto che si cela dietro i bicchieri di champagne e i vestiti eleganti, che riguarda in primo luogo la condizione femminile. Nelle prime puntate, l’intreccio sembra mettere in scena in maniera inequivocabile il dramma della donna prigioniera nelle quattro mura e succube del consorte, il suo difficile tentativo di sfuggire da questa condizione. Non è un dettaglio allora se tra i produttori esecutivi della serie troviamo Reese Witherspoon (Big Little Lies), e tra i registi di Sam Miller (I May Destroy You). Segnali dell'appartenenza dell'opera ad un filone, in voga negli ultimi anni, che mette al centro questi temi, verso cui Surface, sotto la sua dimensione thriller, non sembra proporre, all'inizio, qualcosa di originale.

Una serie dai due volti

Nell'intreccio, infatti, più si scava, più emergono i lati oscuri di James, che riguardano un movimento finanziario poco chiaro, i suoi alibi poco di ferro, le sue frasi rassicuranti non molto convincenti. La prospettiva, nella prima parte, non muta, anche quando scopriamo che persino lei nasconde qualcosa. La narrazione procede dunque lenta, dilatata dal formato seriale, e abusa di metafore (gli intermezzi onirici in cui lei sprofonda e riemerge dall’acqua), di dinamiche ripetute, come se non ci fosse nulla di effettivamente nuovo da scoprire se non una verità che appare già lampante. E dove all'intrigo e alla stratificazione del thriller prevale la linearità e la chiarezza del discorso che la serie vuole portare avanti.

Ma ecco che poi, a circa metà stagione, lo show, tramite alcuni riusciti colpi di scena e rivelazioni, cambia approccio per abbracciare un'atmosfera angosciante, con un occhio in particolare a David Fincher (i segreti nella vita di coppia in Gone Girl). L’intreccio si apre all’ambiguità delle parti in gioco e finalmente crea una giusta tensione che permane anche quando sembra che non ci sia più nulla da scoprire, proponendo false piste e false attese. Fino a un finale aperto nell’ultimo episodio che sembrava impronosticabile per quanto visto in precedenza.

Così forte è l’impatto al termine della prima stagione che viene il dubbio che Surface non abbia consapevolmente giocato con lo spettatore, proponendo una prima parte sotto tono per poisbaragliare le carte in tavola e rilanciare il tutto. Non fanno forse così i migliori thriller?

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