Superman Returns
Visto con gli occhi di un vero neofita questo Superman Returns appare come un grandioso spettacolo visivo. A tratti emozionante, forse troppo lungo, il film di Bryan Singer è fatto con passione ma ha un enorme problema: manca totalmente di attualità...
C'è un grosso problema con questo film, un problema a livello di storia e a livello di personaggi: il soggetto di per sé della saga di Superman manca totalmente, al momento, di attualità. E quindi per quanto il film possa risultare fatto estremamente bene, scritto con la passione di un fan come Bryan Singer, tecnicamente ineccepibile e persino recitato alla grande (cosa per niente scontata), è il cuore stesso della storia a non riuscire a far presa sullo spettatore.
Ma nel 2006 è proprio negli Stati Uniti che Superman non sta avendo il successo sperato. E dire che la serie televisiva che ha rilanciato il personaggio, Smallville, aveva ricorso all'espediente di un superman adolescente, con tutti i complessi e i conflitti che ne conseguono.
Accettato il fatto che la trama di per sé non possa appassionare quanto dovrebbe, Superman Returns è un film godibilissimo, forse un po' troppo lungo. Immagine dopo immagine traspare la passione dei filmaker che ci hanno lavorato, in primis quella di Bryan Singer, il cui linguaggio è molto maturo e che regala momenti di regia davvero emozionanti, come la scena del pianoforte o quella, davvero romantica, del discorso in volo sul Daily Planet tra Supes e Lois.
Essendo un film col quale far ripartire il franchise (che la Warner ce la faccia o no, a livello di soldi incassati, non è importante), Superman Returns si concentra più sui momenti di dialogo piuttosto che sull'azione, che pure c'è (a palate), e per questo Singer (davvero ottimo nel primo X-Men) sembra il regista adatto. Tuttavia nelle scene d'azione la macchina da presa non sta ferma un minuto, pur mantenendo le immagini chiare ed espressive – Singer non è mai stato sciatto. Il merito è anche di John Ottman, che oltre ad aver scritto una colonna sonora degna di un grande kolossal (chi apprezza il genere amerà le musiche di questo film) ha montato le scene con grande precisione e bravura (mi riferisco soprattutto alle scene sullo yacht).
Anche a livello di attori questo Superman Returns convince, ed è un altro motivo per cui la delusione a livello di storia si fa più grande. Importante l'interpretazione di Kevin Spacey, un grande Lex Luthor al quale sono affidate alcune delle scene più belle – ma d'altronde Spacey convince sempre. La vera sorpresa è Brandon Routh: pur ispirandosi al compianto Christopher Reeve, riesce a essere molto più espressivo di quanto ci si aspettasse (d'altronde l'attore non ha quasi esperienza) – forse solo nei panni di Clark Kent risulta un po' troppo insopportabile. Kate Bosworth, dal canto suo, non è mai sopra le righe, pur interpretando un ruolo un po' inverosimile (ebbene sì, concordo con chi dice che un Pulitzer così giovane è praticamente surreale, anche se parliamo pur sempre di un film di fantascienza...), e infine il piccolo Tristan Lake Leabu non è niente male come interpretazione del figlio di Lois, soprattutto a livello di conflitti interiori nella scena del pianoforte.
E veniamo all'aspetto visivo. Per chi ama gli effetti visivi Superman Returns è pura arte. Dalle scene spettacolari a quelle di pura scenografia, non c'è una inquadratura che non lasci a bocca aperta, anche grazie alla splendida fotografia di Newton Thomas Siegel (I Fratelli Grimm, X-men 2, I Soliti Sospetti), che è intervenuto anche su un girato realizzato totalmente in un nuovo formato digitale (con tutti i vantaggi che ne conseguono). Da segnalare le sequenze dello yacht, del terremoto a Metropolis (che a livello di scenografie è veramente affascinante) e del continente in mezzo al mare, quantomeno visionarie.
Il guaio di Superman Returns è proprio questo: soddisfa perchè tecnicamente ineccepibile, girato e interpretato bene, ma non convince totalmente – usciti dal cinema non ci si può che chiedere: "ce n'era veramente bisogno?"